In campo gli ingegneri naturalisti "Così la cava diventerà giardino"
La cava riempita d’immondizia diventerà un giardino con erba, fiori e alberi: la promessa, fatta oggi in mezzo alla puzza e alle proteste, pare impossibile da mantenere «e invece si può fare, anzi si farà in tempi rapidissimi», sorride Giuliano Sauli che di queste imprese è esperto; e reagisce con simpatia e ironia tutte triestine ai dubbi e alle perplessità di chi guarda il buco pieno di schifezze e non riesce a immaginarselo coperto da fiorellini e farfalle. Sauli è il presidente della Associazione Italiana Ingegneria Naturalistica che aggrega gli studiosi di costruzioni e di ambiente e studia soluzioni ecocompatibili per le zone sulle quali l’uomo s’è particolarmente accanito. Le cave trasformate in discariche sono la sfida più audace ed emozionante al tempo stesso: «Veder crescere prima l’erba, poi gli arbusti, infine gli alberi in zone che sono considerate impossibili da restituire alla natura, regala soddisfazioni impagabili». Giuliano Sauli è stato invitato a presentare un progetto per la rinascita di Cava Sari che partirà il giorno successivo al conferimento degli ultimi rifiuti. Quel progetto Sauli l’ha realizzato e sarebbe pronto a farlo decollare fin da questa mattina. Ne parla con entusiasmo e cerca di raccontarlo con parole semplici per far capire tutto a tutti, ed evitare fraintendimenti. Anzi, alla prima domanda che è la più diretta «Davvero è convinto che riuscirà a cancellare la discarica per farne un bosco?», risponde con modestia «speriamo di sì». Quello «speriamo», però, nasconde anni d’esperienza e di sfide: Sauli vorrebbe dire che la trasformazione deve già essere considerata fatta, ma preferisce essere cauto. «Abbiamo progettato un lavoro di qualità, funzionale, senza impatto per i materiali sottostanti e soprattutto rispettoso dell’area dove si trova la cava: pianteremo solo arbusti di piante autoctone per inserire questa nuova area verde perfettamente nel contesto». Quando si arriva alle spiegazioni tecniche Sauli cerca di essere il più chiaro possibile. Prima di partire con il progetto bisogna controllare che la discarica abbia tutte le caratteristiche di sicurezza, con particolare attenzione all’estrazione del biogas. Poi sopra i rifiuti, prima della semina, va distesa una quantità di terreno di qualità, in quel momento si parte con la prima idrosemina potenziata con miscele adatte al clima locale: «Questa prima fase consente l’immediata crescita del prato - spiega Sauli -. È un passaggio importante soprattutto sul piano psicologico. In poche settimane laddove c’era l’immondizia, la gente già vede il verde. È confortante». Poi si passa alla piantumazione degli arbusti e infine degli alberi: «Ma nel rispetto della vegetazione del luogo, a cava Sari saranno in maggioranza gli arbusti», spiega l’ingegnere naturalistico che lavora al progetto. La fase determinante per la riuscita della trasformazione da discarica a giardino, è quella iniziale: «È molto importante l’irrigazione. All’inizio il calore che proviene dai rifiuti è ancora intenso e rischia di compromettere la crescita del prato e delle piante. Anche nelle fasi successive va tenuta sotto controllo la distribuzione d’acqua con particolare attenzione ai mesi estivi, nella fase d’avvio della crescita delle piante». Il vero nemico dei giardini costruiti sulle discariche sono i biogas: «Se non vengono incanalati correttamente, aggrediscono le radici e distruggono tutto. Ma ho la certezza che a cava Sari i pozzi per i biogas saranno realizzati alla perfezione». Giuliano Sauli comprende le perplessità e i dubbi e offre una soluzione pratica: «Volete scoprire come avviene la trasformazione? Andate a guardare le fotografie di Sciaves in Trentino: è un gioiello, nessuno crederebbe che fino a qualche mese fa quel boschetto era solo un cumulo di immondizia».