La Corte dei Conti: dalla crisi due miliardi di debiti
«Alla base delle gravi emergenze determinate dalla gestione rifiuti, vi è una serie di omissioni ed inadempienze. Di questi, le principali responsabilità sono da attribuire alle molteplici incertezze normative; a una carente programmazione, spesso aggravata da insufficiente coordinamento; all’incapacità di taluni amministratori di Comuni e consorzi di bacino». Impietosa l'analisi condotta dalla sezione campana della Corte dei Conti sulla gestione dell'emergenza rifiuti in Campania nell'indagine di controllo approvata lo scorso 28 settembre e resa pubblica ieri. Nelle 111 pagine redatte dalla magistratura contabile si delineano colpe e responsabilità di amministratori locali e commissari in uno scenario di cattiva amministrazione lungo quindici anni. E che parte dalla incapacità - evidenziata dalla Corte - di attivare tempestivamente i fondi stanziati per la realizzazione di essenziali infrastrutture e di ottemperare ad una corretta comunicazione con le popolazioni, così da mitigarne la naturale avversione verso ogni tipo di impianto. «Il lungo periodo di commissariamento nel settore dei rifiuti in Campania - si sottolinea nell'indagine - è stato contrassegnato da crisi acute e ricorrenti riconducibili ad una ragione di fondo: la mancanza di un ciclo compiuto dei rifiuti per l'assenza di adeguati impianti di supporto». Tra i fattori determinanti il persistere dell'emergenza vengono evidenziati gli insufficienti livelli di raccolta differenziata, il malfunzionamento e sovraccarico degli impianti di selezione, l'insufficienza degli impianti di compostaggio di qualità, i ritardi nella realizzazione del termovalorizzatore di Acerra, l'eccessivo frazionamento del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, la temporanea assenza di sufficienti volumi di discarica. «A tali lacune - evidenzia la Corte dei Conti - non sempre ha corrisposto l'azione sostitutiva delle strutture commissariali, necessaria soprattutto per utilizzare efficacemente i fondi stanziati ed assicurare il normale svolgimento del ciclo dei rifiuti, specie nei casi di palesi incapacità nell'organizzazione della raccolta differenziata o di omesso pagamento della tariffa dovuta per il conferimento dei rifiuti agli impianti. Al contrario, il perdurante ricorso alla gestione straordinaria ha comportato il radicamento delle strutture commissariali, le quali hanno assunto un ruolo omnicomprensivo di programmazione, attuazione e gestione dell'intero ciclo dei rifiuti, con la graduale esternalizzazione delle funzioni e la tendenza alla deresponsabilizzazione da parte dei livelli istituzionali ordinariamente competenti in materia». Il modello gestionale che ne è derivato, conclude il documento, «ha assunto carattere di perdurante transitorietà, dove la raccolta differenziata ha continuato, per lungo tempo, ad essere concepita come elemento secondario». Un capitolo intero, infine, è dedicato ai costi della crisi. «La pesante eredità lasciata dall'emergenza è costituita non solo da una massa debitoria di oltre due miliardi di euro e da una condanna a livello comunitario che rischia di tradursi in pesanti sanzioni economiche, ma anche da una lunga serie di costi aggiuntivi e di rendite di posizione non più giustificabili». Sotto la lente d'ingrandimento anche i costi sostenuti per il funzionamento della gestione commissariale: «Un costo che col tempo è andato crescendo in modo esponenziale, passando da una spesa media annua di 5 milioni di euro, fino al 2006, ai 50 milioni negli ultimi due anni».