Muti: «Basta piangere sull’immondizia, i giovani restino e si ribellino»

27 ottobre 2010 - Donatella Longobardi
Fonte: Il Mattino

Arrivando a Napoli, ieri, ha visto cumuli di immondizia un po’ ovunque. «Proprio come in tv».
E ha visto una città, la sua città, avvilita, oppressa. A Riccardo Muti non era mai capitato di piombare sotto il Vesuvio nel bel mezzo di una crisi, ed è un po’ frastornato. A Napoli per ricevere il Premio Leonetti, proprio per la sua attività di ambasciatore della cultura napoletana nel mondo, il maestro è alla sua prima uscita pubblica dopo il malore che lo ha costretto a cancellare parte della stagione inaugurale come nuovo direttore della Chicago Symphony.
Allora Muti? «La vogliamo finire di piangerci addosso? Davvero non se ne può più. Credo sia giunto il momento di voltare pagina». Per esempio? «Partendo dalle cose positive di cui Napoli ancora dispone. Penso al patrimonio musicale del Settecento, in cui Napoli era capitale, ai tesori conservati nella Biblioteca del San Pietro a Majella e ai Gerolamini, un luogo incantato. Ma penso anche al San Carlo e al Teatro di Corte, un complesso unico al mondo».
Lei tornerà a dicembre per dirigere coro e orchestra di casa, come lo scorso anno. «Un appuntamento cui tengo molto perché è il segno del mio affetto per il teatro e la città. E perché bisogna lavorare per fare in modo che questo teatro torni alle eccellenze di una volta, quando Napoli era una delle capitali d’Europa con Vienna e Parigi. Milano era un piccolo borgo e Roma pure...».
La sua ricetta? «Certe cose si possono conquistare, giorno dopo giorno. La storia, da sola non basta. Né bastano, ad esempio, i grandi lavori che sono stati fatti in teatro. È il momento di riempire di significato queste opere, bisogna mettere in moto tutto quello che c’è di positivo, altrimenti rischiamo di trovarci sempre più in basso».
Più in basso di dove siamo? «Non immaginavo davvero che Napoli fosse ridotta così. Fa male sentirne parlare in tutto il mondo solo per queste negatività, una volta per la camorra, un’altra per i cumuli di rifiuti...».
Purtroppo è una realtà. «Alla quale i napoletani stessi debbono reagire. Non vedo altre strade».
Lei ostenta ovunque la sua napoletanità. «Sono fiero di essere napoletano, nel cuore e nell’anima. Sono nato qui e qui si è svolta gran parte della mia formazione culturale. Se sono quello che sono lo devo a quello che ho imparato a Napoli, ai miei maestri e all’humus nel quale si è svolta la mia formazione».
Un consiglio ai giovani? «Restare e combattere. Solo così la città può risollevarsi dal torpore in cui è caduta. C’è una Napoli che attende solo di essere messa in movimento». La sua esperienza con la riscoperta del Settecento musicale al Festival di Pentecoste a Salisburgo lo testimonia? «Certamente. Napoli potrebbe trasformare questo patrimonio in un’industria. Insomma ce la può fare, sotto l’immondizia c’è tanto oro».

Powered by PhPeace 2.6.4