Guerriglia, quattro indagati nel mirino il clan Fabbrocino
Quattro nomi iscritti nel registro degli indagati. L’inchiesta sulle presunte infiltrazioni della camorra nella vicenda delle due discariche di Terzigno, e degli scontri violenti che hanno caratterizzato le ultime nottate nell’area vesuviana, non è più contro ignoti. Ci sono già quattro persone sottoposte alle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. È il punto di svolta di un’indagine avviata soltanto poche ore fa, ma che già assume un indirizzo più preciso. I «segnali» di cui aveva parlato la Procura due giorni fa, che hanno determinato l’apertura di un fascicolo da parte dell’Antimafia, appaiono ora più chiari. Ci sarebbe un evidente interesse manifestato da ambienti della criminalità organizzata del Vesuviano rispetto all’emergenza ambientale riesplosa a metà settembre. Un clan, in particolare, accarezzava da tempo il proposito di mettere le proprie mani sulle cave di Terzigno, sia la cava Sari (già funzionante) sia sulla seconda, la cava Vitiello: il clan Fabbrocino. A ben guardare, la circostanza era già emersa tempo fa, in sede di audizione svolta a Napoli dalla commissione parlamentare antimafia. È su questo stesso canovaccio che ora i pm della Dda, coordinati dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, intendono svolgere approfondimenti. Ma procediamo con ordine. Ai quattro indagati la Procura contesta il reato di devastazione aggravata dal metodo mafioso, oltre alla detenzione di armi e all’interruzione di pubblico servizio. Tutti reati che sarebbero stati posti in atto per agevolare un’associazione camorristica, appunto. E, tuttavia, una domanda di fondo sorge spontanea. Come si concilia l’ipotesi del coinvolgimento di uno o più cosche con i disordini e i raid? O meglio: se l’interesse della camorra resta quello di gestire il grande business della «monnezza», perché allora alimentare quei disordini di piazza, quelle violenze? E qui emergerebbe il vero elemento di novità che rende il caso di Terzigno diverso - e forse «inedito» - da quelli nei quali la presenza dei clan si è manifestata in passato nella gestione dei rifiuti. Perché, di fatto, la strategia messa in campo oggi dalla criminalità organizzata punta a un unico obiettivo: creare il massimo caos per agevolare il proprio inserimento (altrimenti impossibile) nella gestione delle cave destinate ad accogliere i rifiuti. Il momento emergenziale, in altre parole, determinerebbe un paradosso che la camorra è pronta a sfruttare: in piena emergenza ambientale le assegnazioni seguono scorciatoie nelle cui pieghe i clan possono agevolmente inserirsi: per assegnare gli incarichi, in questi casi, si bypassano procedure rigorose quali la presentazione dei certificati antimafia, delle gare d’appalto, dei controlli. Se è così, ed ammesso che dietro il piano ci sia il clan Fabbrocino - supportato da altre famiglie camorristiche dell’area come gli Aquino, gli Annunziata e i Pesacane - allora saremmo di fronte ad un programma veramente diabolico. È in questo quadro che nell’inchiesta sul disastro che si sta consumando all’ombra del Vesuvio spuntano anche i servizi di intelligence. Gli 007 sono al lavoro anche su questo fronte. E d’altronde non potrebbe essere che così, considerata la gravità e la delicatezza del momento.