"Monnezza", al Nord affari per 100 milioni l'anno

Riciclo record e impianti di trasforazione hi-tech: così lo smaltimento diventa un "tesoro"
26 ottobre 2010 - ad. pa.
Fonte: Il Mattino

Alla Erreplast di Gricignano d’Aversa, nel casertano, solo da pochi mesi la situazione sta (lentamente) migliorando. Già perché l’azienda, nonostante sia ubicata in una regione che affoga nei rifiuti, era costretta ad acquistare fuori dalla Campania il pet (la plastica delle bottiglie) per farne poi imbottiture per cuscini e sedili d’auto o in pile per coperte e felpe. E infatti la Erreplast nel 2006 comprava fuori Campania il 61,46 per cento delle materie prime e solo nel 2009 è arrivata al 22,73 per cento. Paradossi in una regione dove domina il detto popolare «la munezza è ricchezza». Perché a non fare la differenziata, a non fare business riciclando rifiuti e farne, ad esempio, energia si perdono introiti enormi. Un’ultima stima l’ha fatta il Conai (il consorzio nazionale imballaggi che garantisce il riciclo e il recupero dei materiali di imballaggio come acciaio, alluminio, carta, legno): «La raccolta e il riciclo degli imballaggi consentirebbero ai comuni campani un recupero di somme tra un minimo di 72 milioni e un massimo di 109 milioni di euro l’anno». Ecco i costi «del non fare la differenziata», come la chiamano gli esperti e che permetterebbe di conferire in discarica non l’80 per cento dei rifiuti come accade oggi ma appena il 30 per cento. Al di sotto, molto al di sotto, anche della media nazionale fissata ora al 49 per cento. E così a guardare i dati dei singoli materiali. Solo raccogliendo il pet delle bottiglie di plastica, sempre i comuni campani, potrebbero ottenere un ricavo pari a circa 3,5 milioni di euro l’anno e un minor costo per lo smaltimento in discarica di circa 2 milioni ogni 12 mesi. Solo non riciclando la carta e i prodotti cellulosi in genere i comuni campani hanno dovuto spendere, calcola il Comieco, ben 102 milioni di euro tra il ’99 e il 2005 (mentre nello stesso periodo nel resto d’Italia i ricavi sono stati più di un miliardo di euro). Negli stessi anni cioè in cui s’impennavano le somme necessarie (circa un miliardo) a mantenere in piedi il comnissariato dei rifiuti. E ricavi, tanti, arrivano anche termovalorizzando i rifiuti. A Brescia, l’impianto più grande d’Italia, produce energia (570 milioni di kilowattore) per il fabbisogno di 190mila famiglie e teleriscaldamento per 50mila appartamenti, la metà delle esigenze cittadine. E non si immettono in atmosfera 470mila tonnellate circa di anidride carbonica. Più complicato calcolare i ricavi dei primi mesi di attività dell’impianto di Acerra. Il gestore elettrico nazionale si è impegnato a ritirare dall’impianto napoletano tutta l’energia con potenza netta massima cedibile pari a 105 megawatt (al netto dei consumi del servizi ausiliari e delle perdite di linea e di trasformazione): calcolando quasi 700mila euro per Mw fanno circa 70 milioni di euro ogni 12 mesi immesse nella rete nazionale. Cifre imponenti, possibili solo per società importanti. Ma in Campania ci sono molte realtà in cui il riciclo e il riuso sono ormai stabilizzate. In primo luogo alcune aziende. «A Battipaglia c’è la Nappi sud che ricicla le basi di legno per farne doghe da letto esportate poi in Nord Europa mentre - racconta Michele Buonomo, presidente regionale di Legambiente - a Nocera Inferiore c’è la Fabbok che produce arredamenti con cartoni riciclati e a giorni sarà premiata a Parigi dall’Unione europea». Ma resta molto da fare. A cominciare dalla frazione umida dei rifiuti, quella che, per intenderci, andando in discarica appesta l’aria. In Italia si riescono ad assorbire 3 milioni di tonnellate: diventa circa un milione di compost venduto come terra per le piante. Nel frattempo non c’è nessun impianto in Campania (a Salerno il sito inaugurato in pompa magna a settembre, non è entrato ancora in funzione) e si smaltisce in Sicilia a 220 euro a tonnellata. Nel frattempo c’è la fantasia di qualche sindaco a sopperire. «A Baronissi ogni 4 litri di olio da cucina usato e consegnato - conclude Buonomo - viene regalato all’utente un litro di puro extravergine. E così si favoriscono anche i produttori locali».

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