Veleni nel Volturno, 5 indagati e un dosseir choc in Procura
Rifiuti stoccati lungo gli argini, liquami sversati direttamente nel fiume, scarti di lavorazione inabissati sui fondali e persino materiale sanitario ammassato nei pressi del corso d’acqua. Tutto questo in pieno centro abitato: cinque persone sotto inchiesta. Mette i brividi il rapporto che i Noe di Caserta hanno appena consegnato alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere per documentare uno scempio senza precedenti consumato sotto gli occhi di tutti, fra strade, ponti, vicoli e rampe. Con un solo, grande malato destinato a morire lentamente, vittima di uno stillicidio letale fatto da un mix di degrado e incuria, incosciente abbandono e consapevole violazione della legge: il Volturno. Sono due i pm che - coordinati dal procuratore capo Corrado Lembo — stanno seguendo lo sviluppo delle indagini: i sostituti procuratori Donato Ceglie e Cristina Correale ai quali i carabinieri del Noe di Caserta, agli ordini del capitano Leonardo Madaro, hanno inviato il rapporto conclusivo dopo un mese di attività di indagine che si è concentrata, anche con rilievi dall’alto, sui circa 4 chilometri in cui si snoda il percorso del Volturno all’interno del perimetro urbano di Capua. E le sorprese non sono certo mancate. A cominciare dalla presenza di due aziende zootecniche, installate alla periferia della città, chiuse per violazione delle norme di tutela ambientale e smaltimento illecito dei rifiuti. I militari hanno elevato in questo caso sanzioni amministrative per 12 mila euro e recuperato scarti di lavorazione ammassati illegalmente. Inoltre è stato accertato che le due aziende sversavano liquami direttamente nel fiume. Triste sorte quella del Volturno: già i latini lo chiamavano «rapax» o «celer» ricordando il suo fluire irruento e le minacciose piene lungo quei 175 chilometri che, prima del delta, lo collocano tra i fiumi più lunghi d’Italia. Ma il dato più sconcertante riguarda le responsabilità da parte di chi avrebbe dovuto assicurare i controlli o di chi avrebbe dovuto garantire il funzionamento delle attività imprenditoriali nel pieno rispetto delle norme. Sono cinque al momento le persone indagate: oltre ai titolari delle due aziende al vaglio degli inquirenti c’è anche la posizione di un dirigente del Comune di Capua. Fra gli indagati anche due dirigenti di una clinica privata della zona, dove nei giorni scorsi i Nas e i Noe sono ritornati per verificare il rispetto di alcune prescrizioni e di alcuni provvedimenti inibitori già precedentemente adottati nei confronti della struttura sanitaria. Nella seconda metà dello scorso anno la clinica, in seguito a un accertamento dei Nas e dei carabinieri della compagnia di Capua, risultò non in linea con i criteri standard previsti dalla normativa regionale, motivo per il quale al complesso venne revocato l’accreditamento da parte dell’Asl. Lo scorso febbraio, la «seconda puntata» della vicenda: questa volta oltre ai Nas arriva nella clinica anche la Polizia municipale di Capua che trova pezzi di intonaco, travi in legno, mattoni, tubazioni in disuso: insomma, una mini-discarica all’interno del muro di recinzione della clinica privata, su una superficie a ridosso di una delle sponde del Volturno. La struttura viene chiusa ma, a distanza di alcune settimane, Nas e Noe scoprono anche che alcune attività ambulatoriali, nonostante il divieto, sono proseguite. Ed è proseguito anche lo smaltimento illecito di rifiuti medico-ospedalieri che andrebbero eliminati secondo una precisa disposizione. Insomma, la «radiografia» di un fiume malato e di una vegetazione circostante divenuti sversatoio selvaggio arricchisce il materiale documentale che la Procura di Santa Maria Capua Vetere con il pm Ceglie sta raccogliendo su un disastro ambientale annunciato: da Ciorlano a Capua, da Alvignano a Castelvolturno, un avvelenamento senza sosta. Scoperte persino sostanze reflue immesse negli affluenti del fiume direttamente dalla rete fognaria. Senza alcun passaggio intermedio di depurazione.