Sotto i rifiuti spunta un giallo da 450 milioni
Non tornano i conti dell’emergenza rifiuti. La magistratura contabile ha acceso un faro soprattutto su 450 milioni di euro che, secondo i giudici della Corte dei conti, configurano «un esteso e non lineare trasferimento di fondi». In Campania la questione rifiuti è una costante dal 1994, ma ora la situazione si è fatta insostenibile anche da un punto di vista finanziario. La gestione dell’emergenza, infatti, fino a luglio 2009 è costata 2 miliardi e 356 milioni di euro. Senza contare tutta una serie di irregolarità evidenziate dalla Corte dei Conti nel rapporto sulla gestione dell’emergenza rifiuti in Campania.
Come emerge dal dossier non sono bastati 12 commissari per ripristinare la normalità nella Regione, soprattutto nelle province di Napoli e Caserta. Il primo dato allarmante è l’ammontare del debito: oltre 2,3 mld. Un buco di cui lo stesso staff del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Guido Bertolaso (attuale commissario straordinario per la gestione dell’emergenza) non aveva la minima idea. «Secondo quanto rappresentato dalle strutture del sottosegretario di Stato» si legge nella relazione, «il deficit di competenza al giugno 2008 ammonterebbe a circa 440 milioni», meno di un quinto di quello effettivo. Com’è stato possibile? Un particolare su tutti può aiutare a capire che fine abbia fatto questo mare di denaro. Dal primo gennaio 2007 al 10 giugno 2008 i cinque commissari delegati che si sono avvicendati (i prefetti Alessandro Pansa, Umberto Cimmino, Gianni De Gennaro e il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca) hanno utilizzato 155 mln di cui allo stato attuale non esiste alcuna documentazione di spesa. Non solo, mancano all’appello i giustificativi dei 50 milioni pagati alla Fide Campania per operazioni di «trattamento e smaltimento dei rifiuti». Altri 30 mln, invece, sono stati «concessi a titolo di contributo ai Consorzi di bacino» senza che questi avessero fornito alcuna documentazione che provasse l’attività svolta per raccogliere e smaltire la spazzatura. La causa di questa incontrollata emorragia di fondi va ricercata soprattutto nelle 12 contabilità speciali aperte di volta in volta da ciascun nuovo commissario che veniva nominato a capo dell’emergenza. Si è trattato, in pratica, di «un esteso e non lineare trasferimento di fondi per almeno 450 min». E tutto questo senza considerare il conto pagato alle singole gestioni commissariali in questi ultimi 16 anni. Tra consumi intermedi e costi di funzionamento si è passati da una spesa media annua di 5 mln, fino al 2006, a una di oltre 50 mln negli ultimi due anni. Di questi il 19% è rappresentato da spese per consulenze esterne, una pratica, largamente diffusa durante la gestione commissariale, che «non prevede particolari modalità di selezione e, quindi, sfugge, fondamentalmente, ai principi di pubblicità, concorrenza e trasparenza».
L’ultimo paradosso riguarda il termovalorizzatore di Acerra (che sarà gestito da A2A per i prossimi 15 anni). Oltre a non essere in grado di smaltire le «ecoballe» che si sono accumulate negli anni, «tenderebbe a scoraggiare» lo sviluppo di pratiche virtuose come la raccolta differenziata porta a porta. Prefigurando un arco temporale di vita utile di almeno 25 anni, si legge nel referto, durante il quale sarebbe necessario reperire combustibile da rifiuti sufficiente al normale funzionamento degli impianti, molte forme di raccolta differenziata non verrebbero più perseguite.