Caccia al regista degli scontri. Il questore: strategia militare
L’area antagonista fa proseliti, si allarga, si salda alla protesta di mamme con il rosario, di vulcanici in maglia nera, di studenti. Erano gruppi separati, a settembre. Stanno diventando una cosa sola, un esercito pronto alla guerriglia con le felpe e il cappuccio per divisa. I cinque arrestati e il denunciato, però, farebbero parte di un piccolo drappello più violento, un’avanguardia di ambientalisti militanti che non esclude l’uso di pietre e molotov. È questo il ritratto dei dissidenti, la radiografia della piazza di Terzigno che s’infiamma ora dopo ora, sempre più esasperata e rabbiosa. È l’aggiornamento della mappa fatta dopo i disordini del 20 e 21 settembre dalla Digos della questura di Napoli e dal comando provinciale dei carabinieri, con l’intenzione di dare un nome al regista - se c’è - della protesta più estrema, quella che sinora ha prodotto danni per centinaia di migliaia di euro con l’incendio dei compattatori, acquistati con fondi europei che non saranno mai più stanziati. «Si è parlato tanto di donne e bambini, o di invalidi presenti in strada a manifestare contro l’apertura della cava Vitiello - ha detto il questore di Napoli, Santi Giuffrè - e certamente quando è iniziata la fitta sassaiola, le donne sono andate via. Ma ritengo che ci sia un’organizzazione che gestisce quanto meno i tempi, la fase militare degli attacchi alle forze dell’ordine». Ma il regista unico, sostengono gli investigatori, probabilmente non c’è. Piuttosto, sta accadendo che l’avanguardia formata da giovani cresciuti nei centri sociali e tra gli ecologisti più radicali si sia allargata oltre ogni previsione, inglobando anche una parte di quei cittadini che in un primo momento avevano escluso il ricorso alla resistenza violenta e che, anzi, si erano tenuti ben distanti da chi lanciava i sassi contro le forze dell’ordine o assaltava i compattatori. I filmati delle forze dell’ordine riproducono, infatti, gruppi sempre più grandi di persone in abbigliamento comodo, adatto alle barricate e non soltanto a queste. Disordini autogestiti, comunque, senza infiltrazioni camorristiche ma con una connotazione più politica rispetto alle proteste di Pianura. Il ritratto degli arrestati la scorsa notte è proprio questo, non ci sono persone collegate a organizzazioni criminali e neppure a sigle terroristiche. Disordini che sono anche una censura all’attività di governo, nazionale e locale. Santi Giuffè, ci va giù durissimo. E lo fa parlando ai microfoni di «24 Mattino», in onda su Radio 24: «Non sono solo tafferugli, sono autentiche barricate. La parola tafferugli, con ripetuti feriti e con ordigni che continuano a essere ritrovati come la notte scorsa, è un po’ riduttiva. Meglio cominciare a chiamare le cose con il loro nome: questa è una guerriglia. C’è una legge che va rispettata, sarà non gradita alla popolazione ma le leggi si cambiano in Parlamento, non sulla strada. La situazione non è rosea, ma non si può pensare di risolverla con la guerriglia e occupando militarmente un territorio per un mese». Risposte chiare dalla politica sono attese anche negli ambienti giudiziari, nei quali la lettura della protesta in esclusiva chiave di ordine pubblico non è affatto condivisa. Dalle istituzioni, si fa notare, arrivano risposte contraddittorie. Perdurando il balletto dei sì e dei no alla nuova discarica, finisce per rafforzarsi la convinzione che alzando la voce si potranno ottenere risultati positivi. Anche perché alla promesse di oggi, che seguono quelle disattese di ieri, nessuno più è disposto a credere.