Ordigni, sassi e rosari: stop alla discarica

Guerriglia Terzigno agenti feriti, 5 arresti. irruzione sul tetto del Municipio
20 ottobre 2010 - Pietro Treccagnoli
Fonte: Il Mattino

Terzigno. Il giorno più lungo della guerra del Vesuvio s'è spento con la consueta attesa della battaglia notturna. Pioggia, falò, chiacchiere e presìdi all'ombra del cono nero del vulcano che spunta dietro le chiome dei pini, asfissiati pure loro dalla puzza che invade strade, case e campagna, esalando dalla discarica Sari. Ieri, i barricaderi del rifiuto hanno aperto più fronti, come se ci fosse una regia inconscia che scatta quando da Napoli arrivano notizie e annunci che alimentano la paura. Fuochi e lampi, quindi, dalla rotonda Panoramica, vera linea del Piave dell'esercito dei «No discarica», a tutta la schiena del formidabil monte. Arresti e cariche, rosari impugnati contro i manganelli, donne e uomini. La cronaca della giornata, aspettando l'ennesima sfida nella notte, è cominciata alle tre dell'altra notte, all'arrivo dei compattatori. I manifestanti avevano cosparso l'asfalto delle strade d'accesso con olio e avevano innalzato barricate di calcinacci e rifiuti ingombranti, monnezza speciale contro monnezza letale. Poi le mazzate, lanci di sassi e bottiglie dell'Intifada vulcanica. Due compattatori bruciati, quattro feriti nelle forze dell'ordine e cinque arresti. Si tratta di due 19enni di Terzigno (Tommaso Ranieri, Andrea Ambrosio) un 19enne di Trecase (Vittorio Ardizio), un 20enne di Boscotrecase (Domenico Corcione) e Angelo Prisco (57 anni, di Terzigno). Sono tutti accusati di concorso in violenza e resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale. La posizione di Ranieri è più seria: deve rispondere anche di detenzione e porto abusivo di esplosivi. Si tratta, secondo la questura, di ordigni rudimentali fatti di materiale pirotecnico collegato a bombolette di gas. Gli arresti segnano anche un salto di qualità nelle reazioni delle autorità, che hanno cominciato a far scattare le manette. Il tafferuglio notturno è stato solo l'inizio. In mattinata il popolo antidiscarica s'è radunato alla rotonda Panoramica, per impedire l'uscita dei camion dalla Sari (una settantina circa). Centinaia di persone. Soprattutto donne che si sono messe in ginocchio a recitare il rosario e hanno alzato le mani in segno di resa. Molte sono state sollevate a forza. Intorno alle 10 altri contatti tra polizia e manifestanti. Tentativi di cariche, colluttazioni, manovre di alleggerimento. Un uomo che aveva lanciato un sasso contro un camion è stato prima fermato e poi denunciato a piede libero. I compattatori sono potuti uscire, tutti, solo a pomeriggio inoltrato. Nuovo blocco a Terzigno, a un altro accesso alla discarica. Qui una manifestante si è sentita male ed è dovuta intervenire un'ambulanza. Anche una donna incinta, coinvolta nel parapiglia, si è sentita male. Ma intanto la protesta camminava. Donne (soprattutto) e uomini si sono diretti a Boscoreale dove hanno messo sottosopra l'ufficio del sindaco, Gennaro Langella, in quel momento assente, reo di essere troppo morbido. In fretta e furia è stata tolta anche la tenda della Protezione Civile in piazza Pace che in queste settimane ha fatto da ufficio stampa. A Terzigno, in sei (quattro uomini e due donne he in serata sono scese) hanno fatto irruzione nel Municipio, salendo sul tetto minacciando di lanciarsi nel vuoto. «Chiediamo» ha spiegato un loro portavoce, Pietro Avito «l'immediata chiusura della Sari, la bonifica delle falde inquinate, la demilitarizzazione dell'area e la cancellazione dalla legge della discarica di Cava Vitiello». Una piattaforma complicata che hanno chiesto di discutere con il prefetto. Invitati a scendere per poter andare a Napoli, hanno preferito restare sul tetto, protetti solo dagli ombrelli, mentre per piazza del Plebiscito partiva una delegazione composta dal sindaco, Domenico Auricchio, e cinque rappresentanti dei Comitati che però il prefetto non ha voluto ricevere, fino a che i manifestanti restano sul tetto. Ma i fronti erano destinati a crescere. Transenne di ferro, sradicate dai marciapiedi, reti di materassi, sacchette di monnezza e ante di vecchi mobili sono state trascinate nelle carreggiate di via Nazionale Passanti che collega l'area della discarica a Pompei e Scafati, fino a Poggiomarino, un'altra delle strade d'accesso dei camion. Per intralciare la circolazione sono stati usati anche un pullman e un Tir. I blocchi avevano impedito al sindaco Auricchio di partire per Roma dove doveva essere ascoltato dalla commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti. L'appuntamento è stato spostato a oggi. I manifestanti sono padroni del territorio. Conoscono strade secondarie e sentieri e sfruttano il vantaggio con accortezza. La miccia continua a bruciare. La gente è esasperata. Hanno provato a calmarla le parole del vescovo di Nola, Beniamino Depalma, ieri sera a Terzigno. «La via d'uscita è gridare a Dio la propria paura, la propria angoscia, la propria indignazione». E ha insistito: «Qui non si ha a che fare con gente malavitosa, violenta, con camorristi», invitando a una «protesta civile, dignitosa, legale, non violenta». Ma la fede che ha resistito alla lava del Vesuvio, può essere travolta dai fuochi della monnezza.

Powered by PhPeace 2.6.4