Tecnico dell'inceneritore di Acerra: «Dell’impianto non capivo nulla». Prima lavorava nei caseifici
Di termovalorizzatori non sapeva niente: si era occupato di carrelli elevatori, aveva lavorato in alcuni caseifici, poi aveva cominciato a insegnare Chimica in una scuola di San Marco di Castellabate. Eppure Lucio Mandia, laureato in Ingegneria chimica, si ritrovò all’improvviso distaccato presso il commissariato straordinario all’emergenza rifiuti, incaricato di leggere faldoni sul termovalorizzatore di Acerra e di redigere pareri sulla sua costruzione. Lui stesso, in una delle ultime udienze del processo Bassolino sui presunti illeciti nella gestione dei rifiuti, ha raccontato il disagio e lo sconcerto di quel periodo. Le sue dichiarazioni saranno trasmesse ai pm Federico Bisceglia e Maurizio De Marco, che da pochi giorni indagano sulla regolarità della costruzione dell’impianto di Acerra. Ecco il racconto che Mandia ha fatto nell’aula bunker, rispondendo alle domande dei pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo. «Sono in servizio presso il commissariato straordinario di governo dal 24 gennaio 2002. All’atto del mio arrivo mi sono occupato di fare l’istruttoria su alcune integrazioni presentate da Fibe in ordine al progetto del termovalorizzatore di Acerra. Se non ricordo male queste integrazioni afferivano al progetto esecutivo. Tengo a precisare che io in precedenza avevo lavorato come insegnante di Chimica, essendo laureato in Ingegneria chimica. Conseguentemente io non avevo delle esperienze specifiche sul tema della realizzazione di un termovalorizzatore. Io avevo seguito precedentemente un corso a Milano su delle tematiche attinenti, non ricordo bene su quale specifico argomento, allo smaltimento dei rifiuti. Ciò per dire che una tematica complessa come quella del termovalorizzatore certamente esulava dal mio background professionale… Aggiungo che la difficoltà di questo approfondimento era acuita dal contesto lavorativo, che imponeva una assoluta velocità nell’adempiere ai vari incarichi, tale da non consentire sempre gli opportuni approfondimenti… Il mio background conoscitivo era ben noto al commissariato e quindi allo stesso Acampora (Salvatore Acampora, ex subcommissario ai rifiuti, imputato nel processo, ndr) e quindi non vi fu evidentemente bisogno di esplicitare a parole le mie difficoltà e i limiti che dovevo fronteggiare nell’esaminare il progetto del termovalorizzatore». Lucio Mandia ha anche raccontato come ottenne il distacco dalla scuola «De Vivo» di San Marco di Castellabate al commissariato straordinario, dopo un colloquio con Acampora durato appena un quarto d’ora: fu una sua amica a metterlo in contatto con il subcommissario, mentre lui avrebbe preferito passare all’Arpac. «Acampora— ha raccontato ancora il teste — mi presentò i faldoni del processo di Acerra e mi disse di studiarli… Io non esplicitai espressamente le difficoltà e i limiti che riscontravo nell’istruttoria dei progetti del termovalorizzatore, ma certamente ritenevo che di ciò fosse consapevole Acampora, siccome egli conosceva le mie esperienze professionali che certamente non riguardavano i termovalorizzatori. Inoltre ciò accadde anche perché ero in servizio da poco, da circa un mese se non sbaglio, e quindi mi era ancora più difficile esplicitare ciò».