I geologi: "Territorio senza controllo"
«Le frane in casa». Sono quelle di Atrani, di Ischia, di Sarno. Campanelli d'allarme che quando suonano hanno già emesso il loro verdetto di distruzione e spesso anche di morte. Il convegno organizzato ieri pomeriggio a Palazzo Sant'Agostino dall'ordine dei geologi della Campania ha tracciato una linea netta e inconfutabile sul versante dei disastri idrogeologici in Campania: è la Costiera Amalfitana l'epicentro regionale di un pericolo costante, che può essere prevenuto ma non previsto, in una provincia, quella di Salerno, in cui il 90% del territorio è giudicato a rischio idrogeologico. Praticamente l'intera area, ad eccezione della Piana del Sele e dell'Agro nocerino. Ora si punta al geologo «condotto», uno specialista presente in tutti i comuni, come i medici. Esperti del settore, professori e geologi si sono confrontati su un tema alla ribalta dopo l'alluvione del 9 settembre in cui ha perso la vita Francesca Mansi. Una zona, quella dominata dal promontorio dei Monti Lattari, a forte rischio di dissesto, esposto al mare e dominato dai monti. Ma dopo Atrani è logico chiedersi: questa tragedia si poteva evitare? Il parere dei geologi è tutto orientato verso il sì. Si poteva e si doveva intervenire prima che il torrente Dragone portasse via con sé i sogni e la vita di Francesca. Innanzitutto con un attento presidio della zona. E per presidio si intende la presenza di esperti, geologi in questo caso, che avrebbero, per esempio, potuto segnalare i punti critici lungo l'asta principale del torrente. L'impressionante accumulo di detriti riversatosi in mare, infatti, sembra essersi formato via via che il torrente straripava, trascinandosi dietro rifiuti e materiale di vario genere sedimentato per decenni nei valloni ad ostruire le naturali vie di sbocco dell'acqua. Ma Atrani è solo l'ultimo episodio di questo genere a Salerno e dintorni. Tralasciando l'alluvione di Sarno del 1998, sono almeno tre i precedenti: nel 1899, nel 1910 e nel 1954. Tutte alluvioni che hanno interessato il territorio di Salerno e della Costiera Amalfitana e che presentano molte analogie con l'episodio del 9 settembre. «Sono 3mila i chilometri quadrati a rischio dissesto in tutta la Campania. Porzioni di territorio che presentano caratteristiche molto simili a quelle di Atrani - spiega il professor Domenico Calcaterra dell'Università Federico II di Napoli - In Italia abbiamo una buona conoscenza del territorio, ma mancano le soluzioni. Questo perché non si è mai scelto una politica di pianificazione. Al contrario ci si è sempre concentrati sul post evento, quando era già troppo tardi». Si appella al rispetto delle leggi il neo eletto presidente dell'ordine dei geologi campani, Francesco Peduto: «Dopo Sarno è stata approvata una legge che non è mai entrata in vigore. Prevedeva il potenziamento degli uffici geologici regionali, il potenziamento delle strutture di protezione civile, i piani di emergenza. Nulla si è mosso in questo campo e il risultato è che per eventi di questo genere non ci sono mai colpevoli». Dietro l'angolo, però, c'è una novità positiva: «Stiamo per firmare una convenzione tra l'ordine dei geologi, la Regione Campania e il dipartimento di Protezione civile per la redazione di una short list di geologi da utilizzare nei territori ad alto rischio idrogeologico, sismico e vulcanico. E in Campania - conclude Peduto - da questo punto di vista, non ci facciamo mancare niente».