Rifiuti, bancarotta da 600 milioni per i Comuni

Ecco i debiti accumulati in sedici anni di crisi. Contenzioso con il Commissario per 1,2 miliardi
14 ottobre 2010 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

I conti dopo 16 anni di emergenza Seicento milioni di debiti: li hanno accumulati i Comuni nei confronti della struttura stralcio e dei consorzi di bacino. Questi a loro volta devono ai creditori 400 e 120 milioni. Per non parlare del miliardo e 200 milioni dei contenziosi giudiziari accumulati dai commissariati e dalla struttura stralcio. I conti in tasca ai sedici anni di emergenza rifiuti ci consegnano cifre da capogiro. Cifre con le quali si dovrà fare i conti se non si vuole cadere in una nuova e più profonda crisi. Lo ha spiegato più volte e con chiarezza l’assessore regionale Giovanni Romano che ora ripete: «Bisogna sbloccare la situazione e bisogna farlo subito». Due gli strumenti che si potrebbero utilizzare: una deroga al patto di stabilità o la possibilità per gli enti locali di accedere ai mutui della cassa depositi e prestiti. Vie al momento ancora tutte da esplorare. La Regione chiede intanto al governo 150 milioni di euro necessari per far decollare la differenziata (isole ecologiche, camion, campagne informative), mentre gli impianti capaci di produrre reddito (termovalorizzatori, compostaggio) dovrebbero essere finanziati con la formula del project financing: i privati dovrebbero anticipare i soldi necessari per la costruzione rifacendosi poi con gli incassi. Si resta intanto in attesa della decisione di Tremonti sulle cosiddette compensazioni ambientali che permetterebbero a Berlusconi di tornare in Campania con qualcosa da offrire ai Comuni che dovrebbero ospitare le discariche. A partire da Terzigno. In totale ci vorrebbero più di 280 milioni: metà dovrebbe metterli il governo e metà la Regione. Un impegno di spesa che permetterebbe ai sindaci di aprire i cantieri per realizzare le opere promesse dal governo. Ma, a quanto pare, per il momento ci si accontenterebbe anche di molto meno: si parla di trenta o quaranta milioni che andrebbero alle amministrazioni del Vesuviano. Una goccia nel mare. Cominciamo dai Comuni. Secondo l’assessore Romano devono circa 600 milioni alla struttura di governo e ai consorzi di bacino per servizi ricevuti e non pagati. Un’insolvenza che provoca gravissime conseguenze. La prima è la crisi che attanaglia il consorzio unico, quello che riunisce Napoli e Caserta. Dovrebbe incassare 90 milioni dagli enti locali casertani e 30 da quelli napoletani. Con quei soldi dovrebbe pagare le ditte e i più di duemila dipendenti che costano 5 milioni e mezzo al mese. Poiché il recupero dei crediti procede a rilento già a settembre non sono stati versati gli stipendi. Ora i lavoratori dovrebbero passare alle società provinciali che si troverebbero in una situazione ugualmente difficile: per pagare gli emolumenti mensili dovrebbero ricorrere alla Tarsu che non è ancora stata trasferita dai Comuni (e le stesse Province chiedono una proroga) e che sarebbe comunque insufficiente vista la larga fetta di evasione. Contemporaneamente sono in grave difficoltà le imprese del settore. Molte, lo dimostrano le interdittive antimafia delle prefetture, sono risultate legate alla malavita organizzata. Altre hanno lavorato onestamente. Solo poche (e non sempre le migliori) hanno incassato. Di qui, lo ha spiegato Bertolaso in Parlamento, una mole di circa duemila cause intentate da privati nei confronti dei vari commissari che si sono succeduti. Questi hanno investito almeno un milione di euro solo per le parcelle dei legali impegnati nel primo grado di giudizio. Attualmente la struttura stralcio guidata da Luciano Cannerozzi De Grazia è in attesa di indicazioni da parte dell’amministrazione statale per poter finalmente pubblicare il bando previsto dalla legge. A quel punto sarà possibile ai creditori avanzare le proprie richieste ed eventualmente comporre le vertenze giudiziarie. Ma per avviare le procedure bisognerà avere dei soldi in cassa che non ci sono. Per non parlare dei fondi necessari alla Regione o alla presidenza del consiglio dei ministri per comprare il termovalorizzatore di Acerra: 350 milioni. Ma 100 sono già stati anticipati per completare l’impianto. E qui siamo al paradosso: la Fibe che ha costruito l’impianto ha avviato un giudizio contro le norme fissate dal decreto di fine emergenza, mentre il commissariato ha già da tempo avanzato una richiesta di risarcimento danni. La cifra richiesta: un miliardo e 700 milioni.

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