Veleni a Pianura inchiesta verso l'archiviazione

Il pm: none sistono dati sul trend di patologie nella zona della discarica
12 ottobre 2010 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

«Assenza di dati specifici», «sostanziale indisponibilità» di elementi in grado di sostenere un’indagine tanto delicata. Un anno e mezzo di accertamenti, centinaia di cartelle cliniche acquisite, poi la rassegnata scoperta della Procura: non esiste un racconto dettagliato del trend di epidemie e di malattie tumorali in una zona a rischio come quella a ridosso della discarica di Pianura. Quanto basta a chiedere l’archiviazione, ad alzare bandiera bianca - al di là del lavoro svolto, tra testimonianze e dossier acquisiti - con la richiesta di archiviazione delle indagini per epidemia e disastro colposi. Vicenda amara, che riconduce l’attenzione sulla discarica di Pianura, fino al 1995 invaso dei rifiuti napoletani, poi nel 2008 toccata da un’ipotesi di riapertura naufragata sotto i colpi di una dura mobilitazione popolare. Un caso giudiziario che potrebbe essere definito prima del tempo, nonostante l’opposizione dei familiari di persone affette da malattie tumorali. Eppure la Procura ce l’ha messa tutta. E ha battuto ipotesi inquietanti: come il nesso tra la discarica e i casi di tumori nella popolazione locale, possibili rapporti di causa ed effetto tra la «grande gola» di Napoli ovest e le malattie riscontrate in zona. Lavoro ciclopico, destinato a finire in un probabile nulla di fatto. Due le mosse degli inquirenti: da un lato la richiesta di archiviazione per il filone sanitario, di fronte alla mancanza di dati certi del trend di malattie riscontrate in zona; dall’altro la decisione di stralciare la posizione di quattro tra amministratori e collaudatori, per i quali continuano però le indagini di materia ambientale (ipotesi di reato: gestione non autorizzata di rifiuti e getto di materiale inquinante). Ora la parola ai giudici. Già perché sulla richiesta di archiviare le ipotesi di epidemia e disastro colposi, infatti, è stata fissata un’udienza a porte chiuse dinanzi al gup Buccino Grimaldi, appuntamento fissato per il due novembre. Ma ecco le conclusioni del pm Stefania Buda, al termine delle indagini per epidemia e disastro: «Sul fronte dell’indagine cosiddetta sanitaria è stato effettuato uno studio preliminare da un consulente tecnico, uno specialista in epidemologia, dal quale è emerso che i dati disponibili raccolti non sono sufficienti per valutare i rischi per la salute derivanti dalla trascorsa ed attuale esposizione delle persone residenti a fattori ambientali a rischio». Più chiaro il passaggio che segue: «Il problema principale è scaturito dalla indisponibilità di dati relativi alla zona circoscritta dell’area circostante la discarica e dunque la sussistenza di estrema difficoltà ad enucleare dai dati disponibili, relativi però a macroaree, quelli relativi al trend specifico dell’area di interesse sanitario». Un caso controverso, dunque, sul quale ha svolto un ruolo decisivo l’opposizione alla archiviazione sostenuta dal penalista Marcello Lombardi, rappresentante di una ventina di parti offese, le cui conclusioni saranno al centro della udienza a porte chiuse fissata a novembre dal gup Buccino Grimaldi.

«Ma da quell’invaso continua a uscire biogas»

C’è un filone d’indagine che resta aperto, resiste al tempo e alla scarsità di dati. Un filone che insiste sulla «attualità» del pericolo della ormai famigerata discarica di via Contrada Pisani. Il pm Stefania Buda è stata chiara, nella sua richiesta di stralciare la posizione di quattro indagati e di trasmettere le informazioni raccolte dal pool di appartenenza (reati contro la pubblica amministrazione) alla sezione che si occupa di ecologia: «Nel corso delle indagini sono stati accertati dai carabinieri del Noe di Napoli reati ambientali, tuttora perduranti, in relazione ai quali è opportuno trasmettere gli atti alla sezione che si occupa di Ecologia». Fatto sta che, «all’esito di accertamenti tecnici effettuati in loco è emerso che in vari strati la discarica è priva di impermeabilizzazione e che tuttora sussiste una fuoriuscita di biogas sulla quale occorre un prosieguo di indagini, come appare evidente che la presenza del biogas ha cagionato persino un principio di incendio». Un fascicolo a parte, dunque, altre ipotesi di reato tutte da mettere a fuoco: gestione non autorizzata di rifiuti, getto di materiale pericoloso. Poi il pm cita anche il lavoro del consulente tecnico d’ufficio, il professor Crescenti, che sulla discarica di Contrada Pisani ha depositato conclusioni a senso unico: «La discarica non è stata bonificata a dovere - si legge nel provvedimento stralcio - la messa in sicurezza risulta inadeguata». Criticità attuali, dunque, un rischio da non sottovalutare con una vicenda investigativa tutt’altro che conclusa, mentre a distanza di due anni dalla clamorosa mobilitazione popolare per impedire la riapertura della discarica, l’invaso di Napoli ovest resta un oggetto sconosciuto. Inchiesta aperta, collaudatori dei lavori di chiusura della discarica nel mirino della Procura di Napoli.

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