No alla discarica, da Terzigno a Materdomini

Il pellegrinaggio al santuario di San Gerardo: illumini le menti, l'immondizia è la nostra fine
10 ottobre 2010 - Gelsomino Del Guercio
Fonte: Il Mattino Avellino

Cinquantacinque volti carichi di speranza. I più piccoli non hanno compiuto neppure cinque anni, i più anziani hanno la faccia stanca e tirata dalle fatiche di una vita vissuta tra i sacrifici. E ora che per loro ogni traccia di presente e futuro rischia di frantumarsi a causa di una discarica che nessuno vuole, si rifugiano nella preghiera. La gente di Terzigno compie un tuffo nella fede, recitando un appello accorato al santuario di San Gerardo Maiella a Caposele affinché «illumini le menti dei governanti e si prendano i giusti provvedimenti per la salute e il benessere ambientale dei nostri cittadini». La santa messa di mezzogiorno al santuario di Materdomini si trasforma nella veglia della fiducia. Un pezzo del vesuviano si riversa tra i banchi della basilica nuova. Di fronte a loro troneggiano le icone di Gerardo, il santo dei poveri, degli umili «e noi siamo un po’ come lui e perciò chiediamo la sua protezione tanto più in questo difficilissimo momento», osserva Don Vito Menna, parroco dell’Immacolata Concezione di Terzigno mobilitato da settimane insieme ai fedeli e ai comitati antidiscarica per frenare quello che definisce «il peggior scempio mai accaduto nella nostra terra». «Ogni giorno file di mezzi scortati dalla polizia attraversano il paese lasciando un fetore insopportabile», scandisce con un velo d’amarezza il coraggioso prelato. «Sì, è vero, ogni giorno è così e anche stamattina prima di venire a San Gerardo abbiamo visto i poliziotti vicino ai camion carichi di immondizia», gli fanno eco le vocine squillanti di Marilisa e Maria Teresa, le chierichette che accompagnano Don Vito nella celebrazione della messa solenne. Due bambine che parlano di spazzatura e celere come fossero parti integranti e tuttavia normali nella vita della loro comunità. D’altro canto a Terzigno ci si sta iniziando ad abituare anche al peggio. «I più piccoli lo percepiscono come i grandi, si informano tramite i genitori e spesso ne parlano con me. Sanno che per la loro terra si annunciano tempi duri», sentenzia il parroco che dice di sostenere la campagna dei comitati ma non quella dei violenti. «La Chiesa, come ha ribadito anche il nostro arcivescovo condanna ogni forma di aggressione, ma la protesta è sacrosanta». Una proposta Don Vito l’aveva pure formulata per accrescere l’attenzione e la mobilitazione generale a favore della battaglia dei terzignesi. «Volevo unire tutti i sacerdoti della zona per organizzare un grande corteo su Roma perché in questo modo si sarebbero puntati i riflettori nazionali sul nostro paese. Anche il sindaco avrebbe dovuto contattare i primi cittadini degli altri centri vesuviani. Ma alla fine non si è fatto più nulla». E pensare che il prete aveva in mente una manifestazione pacifica e per certi versi goliardica. Che di sicuro avrebbe scosso i palazzi del potere. «La mia idea era quella di far sfilare cittadini con maschere antigas, con valigie in mano come pronti per andare via dal paese. C’era persino chi doveva portare in spalla una cassa mortuaria o un bastone con la ”mappata” alla ricerca di un posto dove stabilizzarsi. La verità è che Terzigno è diventato un luogo di morte e ogni giorno si ammalano persone di tumori ai polmoni». Destino amaro per una cittadina che viveva di ristorazione e commercio di vini. Don Vito racconta che molti dei fedeli dell’Immacolata Concezione gli confessano che i loro affari vanno malissimo e meditano di abbandonare la Campania alla volta di mete più vivibili, dove poter costruire quella prospettiva di vita svanita all’ombra del Vesuvio. «La gente che è venuta qui a Materdomini sa che solo la preghiera può fermare il disastro». A mezzogiorno inoltrato i riti religiosi volgono al termine. Don Vito torna in sacristia per salutare il decano dei redentoristi Padre Mario che lo sprona a proseguire la battaglia accanto a comitati e cittadini. «Sono certo che riuscirete a risollevarvi», è l’auspicio del frate gerardino. Il prete di Terzigno si lascia andare ad un sorriso, forse il primo di giornata. Poi chiama a raccolta il gruppo dei 55 per la foto di rito sul piazzale del santuario. Una signora con la fotocamera digitale filma il superbo panorama che si scorge dal belvedere. «Che bei monti, che bell’aria», sussurra. Sa bene che appena tornerà nella sua cittadina questo scorcio di purezza si trasformerà in un miraggio. E le speranze a cui aggrapparsi resteranno nell’attesa che sopraggiunga il miracolo più desiderato.

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