Gli irriducibili di Chiaiano «pronti alla galera»
Il B-Day comincia il piazza Trieste e Trento, con il dialogo tra due pensionati in scettica attesa dietro le transenne: «Si vene Silvio nun 'o vedimmo manco». «E chillo è curto!». Ma già pochi metri più in là, a piazza Municipio, la vena nostalgica prevale sulla nota cinica: «Napule era chiù bella cuann ce steve Totò e Pulicenella», maxicartello a cura dell'associazione Principio e Dignità.
Di fronte a loro, gli infermieri disoccupati che protestano perché, dopo aver pagato i corsi regionali, sono restati disoccupati infermieri. Più che con Berlusconi, ce l'hanno con l'assessore Montemarano, per ascoltare i primi slogan contro il neopresidente del Consiglio bisogna aspettare i cortei dei disoccupati. I primi a passare lungo via Toledo sono quelli del Sindacato lavoratori in lotta: no ai termovalorizzatori, sì alla differenziata ma soprattutto all'impiego dei disoccupati: «Berlusconi/ se non l'hai capito/il nostro obiettivo/lavoro garantito». Poco dopo arrivano quelli dell'Udo, Unione disoccupati organizzati, striscioni di lotta e bandiere del Che: «Noi saremo sempre qua/'o lavoro ce anna dà». Lungo via Medina i più arrabbiati rovesciano qualche cassonetto, tanto per mantenersi in allenamento. Fortuna che il corteo seguente proveniente dalla Ferrovia, quello degli immigrati, provvede a rimettere in piedi i contenitori e a riempirli nuovamente di spazzatura: sono in maggioranza senegalesi o nordafricani, ma con loro ci sono anche rom con dentature d'oro e slave con i fazzoletti in testa, cantano e ballano come gli zingari di un film di Kusturica, e alcuni di loro sono proprio quelli scacciati con il fuoco nel pogrom di Ponticelli, e indossano t-shirt con la scritta «Nessun essere umano è illegale». Città pulita, mai così pulita da mesi: «Hanno nascosto la spazzatura sotto il tappeto, o meglio in periferia e nei Comuni vicini. E' un errore, Berlusconi doveva vderla, la monnezza di Napoli», dice Antonio Sosso, disoccupato. «Io ho votato Berlusconi, ma se adesso si mette a fare la stessa politica degli altri...»: Nicola De Rosa, 63 anni, è da 42 anni caposala dell'Asl 1. Tutto il contrario di un estremista ma, essendo di Chiaiano, avverte: «Se confermano di fare la discarica da noi, ci stendiamo a terra. Protesta civile, ma se usano la forza siamo pronti a rispondere, ci sta bene pure l'aiuto di Binladèn». Risalendo di corteo in corteo siamo infatti a piazza Dante, dove alle 15 parte la madre di tutte le manifestazioni di oggi, quella dei cittadini di Chiaiano e di Marano cui si è unita l'area dei centri sociali in un'alleanza forse improvvisata, ma in qualche modo inevitabile, tra chi non vuole sentire parlare di discariche sul proprio territorio e chi trova nell'emergenza l'occasione di un rilancio dell'opposizione pura e dura al centrosinistra tramontato e al centrodestra rampante. Ci sono i Cobas e c'è il giovane consigliere comunale del Pdl di Marano, Angelo Liccardo, pronto a dichiararsi indipendente «se Berlusconi porta avanti l'ipotesi Chiaiano», c'è l'insegnante Matilde che implora la magistratura di fare presto e di punire i colpevoli del disastro ambientale, c'è il sindaco dietro il gonfalone e c'è (senza fisarmonica) Oreste Scalzone, il fondatore e sopravvissuto di Potere operaio che vede Napoli come «lo specchio deformato che rimanda l'immagine del Day After del consumismo», ma anche la possibilità di superarlo attraverso l'autodeterminazione popolare: «La chiamerei la Comune di Napoli», dice sognante Scalzone. Dall'utopia all'ironia: quella dei ragazzi delle coop sociali settore emigrazione, che sui sacchetti dell'immondizia hanno incollato le foto di quelli che ritengono i principali responsabili della catastrofe-immondizia, incorniciato ciascuno dalla scritta «Non riciclabile - Soggetto altamente pericoloso per la società e l'ambiente». In foto: Bassolino, Pecoraro Scanio, Pansa, De Gennaro. Ma si sono ricordati persino di Losco. Una ragazza indossa un cartello. «Bassolì, passo dopo passo c'e purtat al collasso», e sul camion che apre il corteo e dal quale partono gli slogan più arrabbiati c'è l'immagine del classico gallo sulla monnezza: il gallo ha, ovviamente, la testa del premier Berlusconi. Ma ci sono anche quelli che sperano in un ravvedimento: «Silvio, salva la selva» è il gioco di parole che allude al bosco di Chiaiano, troppo vicino all'abitato e agli ospedali per meritarsi una discarica. Il corteo (chiaianesi in testa, no-global dietro) percorre tutta Toledo, poi ripiega lungo via Medina per sboccare nella parte bassa di piazza Municipio. La pioggia, impietosa, induce ad abbassare le bandiere e ad aprire gli ombrelli, intanto l'ex deputato di Rifondazione Francesco Caruso risale alla spicciolata il fiume di folla che si arresta davanti al muro di poliziotti che presidiano l'accesso a piazza Plebiscito. Di provare a entrare nella «zona rossa» nemmeno a parlarne, i manifestanti virano verso Palazzo San Giacomo (Caruso: «E' l'unico palazzo disponibile oggi...») dove i più accesi lanciano slogan e insulti contro l'odiata coppia Bassolino-Iervolino, parole di disprezzo per i termovalorizzatori e di amore per la differenziata. Gli esagitati si coprono il volto e lanciano ingiurie alle forze dell'ordine che imbracciano lo scudo a difesa del Comune, ma il tentativo di sfondamento è per oggi poco più di un atto dovuto, la tensione si scioglie dopo le prime scaramucce: «Questo è solo l'antipasto dell'opposizione sociale con cui il nuovo governo dovrà fare i conti», azzarda Caruso. Antipasto freddo, parrebbe.