Tra ruspe, finti falchi e gabbiani gli ultimi 100 giorni della "Sari"
Terzigno. Ogni mezz’ora gli altoparlanti diffondono il verso dei falchi. Dovrebbero servire a impaurire i gabbiani e farli allontanare. Figurarsi. Non serve più nemmeno spruzzare il deterrente sui rifiuti perché i volatili (a migliaia) non fanno altro che scendere in picchiata per cercare del cibo. E ne trovano in abbondanza a giudicare dalla loro stazza. Questione di giorni e dovranno trovare nuove rotte. «Come siamo messi? Altre 150mila tonnellate e poi l’invaso ”Sari” sarà colmo. Si chiude», confessa l’ingegnere Amitrano dell’Asìa a Tonino Amato, presidente della commissione regionale per i rifiuti e le ecomafie. Subito dopo il tecnico traduce la deadline in giorni: «Solo 100 di autonomia.
Poi non si saprà dove sversare. E occorre trovare subito una soluzione: occorrerebbe iniziare ad allestire il nuovo sito già da domani». Eccolo lo stato dell’arte: 100 giorni appena di autonomia. Poi di nuovo emergenza. Strutturale questa volta. Non più legata alla raccolta e allo sciopero a gatto selvaggio degli addetti napoletani. «E che ci vogliono stronziare? Qui sono riusciti a fare il miracolo della puzza», sbotta il consigliere Amato (Pd) durante il sopralluogo alla discarica di Terzigno. Con lui la vice presidente Mafalda Amente (Pdl), il collega del Pd Mario Casillo e il sindaco di Trecase Gennaro Cirillo. È il primo sopralluogo da parte di esterni da quando Terzigno è tornata di nuovo alla ribalta. Fuori, all’esterno, della zona militare ci sono ancora i compattatori incendiati durante i raid.
Mentre agli angoli della statale del Vesuvio ci sono cumuli e cumuli di rifiuti non raccolti. Abbastanza per invelenire ancor di più gli animi dei comitati costretti a sopportare i miasmi della discarica, sospinti a valle per chilometri, non appena si alza una lieve brezza di tramontana o di greco. Ma da due giorni nulla. Devi affacciarti direttamente nell’invaso per avvertire i miasmi. Militari vigilano discretamente e sarebbero vietate anche le foto. Tutto off limits. Confessano i tecnici dell’Asìa: «Da qualche giorno in discarica per la maggior parte entrano solo rifiuti stabilizzati. E il ritorno alla normalità ha permesso l’arrivo regolare di carichi di terra per la necessaria copertura».
Ma ad oggi manca ancora un impianto fognario per il percolato trattato (che viene caricato su camion e smaltito altrove a costi ingentissimi) e quello per l’irrigimentazione delle acque meteore. Non c’è più tempo: a cavallo di Capodanno quest’invaso sarà colmo. Si chiude e si metterà in sicurezza. Ma c’è poco da stare allegri per chi vive nella zona. Proprio accanto, sempre nell’area presidiata, ci sono le due alternative. Una è un vecchio invaso derivante da una discarica dismessa da una ventina d’anni. Sono altre 700-800mila tonnellate di capienza, sotto una pineta che corre, senza nemmeno un edificio in mezzo, a perdita d’occhio sino alle falde del Vesuvio.
È il cuore naturale del parco che potrebbe ricevere però, piano della Protezione civile del 2008 alla mano, una batosta pesantissima. Perché basta percorrere un centinaio di metri su un’enome collina in cui sono sotterrati trent’anni di immondizia ed affacciarsi dal lato mare per vedere un’enorme bocca. «Ci andrebbero 3 milioni di tonnellate: un’autononomia di quasi 4 anni», spiega il tecnico dell’Asìa. Abbastanza per tirare avanti in tranquillità sino alla costruzione ed entrata in funzione dei termovalorizzatori di Napoli e Salerno. È la cava Vitiello, è dismessa ma si vedono i segni di recenti zampate da parte di qualche escavatore. Ma, dice chi abita nelle vicinanze, spesso si sente usare anche l’esplosivo. Non è partito alcun lavoro di ampliamento. Per ora. E se accade è in arrivo un nuovo primato: sarà la discarica più grande d’Europa. «È un impensabile continuare a infierire su quest’area: sarebbe un sacrilegio pensare di aprire un’altra discarica», tuona Amato. Sulla stessa linea il consigliere Casillo. «Dobbiamo sventare anche l’ipotesi di ampliamento», dice Mafalda Amente che, anche in qualità di consigliere provinciale, smentisce così pure il presidente Luigi Cesaro, disponibile invece all’allargamento. Rimane il caso dei miasmi che entrano nelle case attorno. Alcuni residenti arrivano davanti ai cancelli. Ne chiedono conto ai consiglieri regionali: «La vostra visita annunciata gli ha permesso di farvi trovare una situazione diversa, hanno ripulito e sistemato tutto», urlano. «La prossima volta facciamo un blitz e vedremo», risponde Amato. Ma ci sono appena 100 giorni davanti. Prima della fine o di un nuovo incubo.