«Scandalo commissariati, ora avocate le indagini dei pm»

Il comitato di difesa ecologica "I nostri esposti fermi da tre anni, intervenga la procura general"
7 ottobre 2010 - en.fe.
Fonte: Il Mattino

Denunciarono alla Procura di Napoli il disastro ambientale provocato dall’emergenza rifiuti in Campania. Ma a distanza di oltre tre anni non sono mai state concluse le indagini per individuare i responsabili. A denunciare l’accaduto al procuratore generale di Napoli Mastrominico è stato il Comitato giuridico di difesa ecologica presieduto dall’ex giudice Raffaele Raimondi che senza mezzi termini ha richiesto l’avocazione dell’intero procedimento. «E’incredibile, ma dopo tutto questo tempo siamo ancora nella fase delle indagini, mentre sull’argomento c’è stata già una dura condanna da parte della Corte di Giustizia europea», spiega il presidente Raffaele Raimondi. Il comitato nel 2007 ha inoltrato ben tre esposti alla magistratura napoletana, ma da allora i fascicoli processuali sono passati da un sostituto all’altro senza mai giungere ad una conclusione. Sul banco degli accusati ci sono tutti i commissari straordinari di governo per l’emergenza rifiuti dal 1994 ad oggi e le imprese che si sono aggiudicate gli appalti per la costruzione degli impianti di smaltimento e dell’inceneritore di Acerra e di cui la magistratura avrebbe dovuto individuare le eventuali responsabilità. Dieci commissari incaricati dai diversi governi che secondo l’esposto del Comitato giuridico avrebbero causato insieme alla Fibe «la catastrofe dei rifiuti». E aggiungono: «Un danno ambientale gravissimo di cui i cittadini hanno pagato le conseguenze anche sulla salute e un danno di immagine che si è ripercosso sul turismo e sulle attività economiche campane», spiegano il presidente Raimondi e l’avvocato Giovanni Bianco. L’obiettivo del comitato è quello di individuare le responsabilità di quello che ormai è stato unanimemente riconosciuto come un disastro ambientale e di consentire ai cittadini e agli operatori economici di chiedere anche un risarcimento economico. Nel corposo dossier inoltrato alla procura tre anni fa l’indice era puntato sui commissari Umberto Improta, Antonio Rastrelli, Antonio Bassolino, Corrado Catenacci, Guido Bertolaso, Alessandro Pansa, Andrea Losco, Umberto Cimmino, Goffredo Sottile e Gianni De Gennaro, in qualità di elaboratori e gestori del piano integrato dei rifiuti in Campania dal 1994 al 2007. Ma anche sulla Fibe, la società che era stata incaricata di costruire i 7 impianti di Cdr (più volte sequestrati dalla magistratura perché non a norma) e l’inceneritore di Acerra e finita nel mirino della magistratura «per frode contrattuale». Una circostanza che nel 2005 spinse il governo risolvere (tramite un decreto legge) il contratto con la Fibe obbligandola però alla gestione dei Cdr e al completamento dell’inceneritore fino al subentro delle nuove società. «Col paradossale risultato che il commissariato di governo non soltanto non ha risolto l’emergenza, ma ha dato causa al cancro in incubazione, esploso da ultimo, dal 2006 al 2008», scrive il Comitato giuridico di difesa ecologica nell’esposto inoltrato al Procuratore generale. E a sostegno di tale tesi viene anche richiamata la sentenza della Corte di Giustizia che lo scorso marzo ha riconosciuto il disastro ambientale accogliendo proprio un ricorso del Comitato alla Commissione Europea inoltrato nel 2004. «I processi servono anche a chiarire come sono andate veramente le cose ed è veramente singolare che nessuno fino ad oggi sia stato in grado di trovare una spiegazione alla mancata chiusura della indagini», conclude il presidente Raimondi. Un nuovo incontro con il procuratore generale è stato fissato per 15 ottobre.

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