Scontri e speculazioni a Pianura, Diodato sfida Nonno
"Era socio di fatto di Carandente"
Ha ricordato i rapporti tra il consigliere comunale Marco Nonno e l’imprenditore Leopoldo Carandente, ma ha anche insistito sul clima di isolamento creato a Pianura nei giorni delle barricate - gennaio 2008 - l’anno orribile della decennale crisi dei rifiuti. Un clima di ostilità subìto nel quartiere che lo ha «eletto» in consiglio circoscrizionale, poi tra gli scranni di palazzo San Giacomo fino al doppio mandato in consiglio regionale. Per oltre tre ore, parla Pietro Diodato, teste d’accusa nel processo alla devastazione di Pianura contro l’ipotesi di apertura della discarica di via Contrada Pisani. Risponde alle domande del pm anticamorra Antonello Ardituro, poi al controesame della difesa del consigliere comunale Marco Nonno, rappresentata dai penalisti Giovannio Belleré e Massimo Fumo. Accuse incrociate, l’uno contro l’altro due rappresentanti politici dello stesso schieramento politico, evolutosi dall’Msi ad An, al Pdl fino all’incognita «dei separati in casa», per dirla con lo stesso testimone. Poi Diodato incalza: sostenendo che «Nonno e Carandente erano soci di fatto», alludendo a segnalazioni di polizia che inquadravano i due nei pressi delle costruzioni abusive che dovevano essere abbattute (in uno scenario in cui non esistono accuse a carico di Nonno per abusivismo edilizio, ndr). Fatto sta che per Diodato esisteva una vicinanza costante tra Nonno e Carandente, ripensando anche al comizio contro le giunte Iervolino e Bassolino organizzato in via Santa Lucia dai quadri del Pdl: «La presenza di certe persone accanto a Nonno - ha spiegato Diodato al pm - venne notata anche dall’ex questore Franco Malvano, che prese di petto uno del seguito di Nonno e gli disse che anni addietro lo aveva arrestato». Nona sezione penale, presidente Palumbo, processo ai veleni di Pianura. Rifiuti, malaffare, speculazione. Spiega il teste: «Qui una cosa è certa, se la discarica fosse stata riaperta, foss’anche per una settimana, sarebbe arrivato lo stop immediato di costruzione e vendita delle case abusive, proliferate nella zona dopo la chiusura dell’impianto, avvenuta nel 1996; il prezzo di queste case - ricorda il consigliere regionale - varia dai 700 ai 1.000 euro al metro quadro». Ma resta centrale nell’esame del teste il clima avvelenato tra dicembre 2007 e gennaio 2008: la devastazione della sede di An a Pianura nelle ore successive una conferenza stampa tenuta, tra gli altri, da Diodato e dal consigliere Santoro; poi gli assalti al distributore di benzina riconducibile alla sorella dello stesso Diodato. «Presidente - sbotta il consigliere regionale - lei non sa quanto può essere duro l’isolamento, il clima di odio che venne montato ad arte contro di me e la mia famiglia». Ma non mancò la solidarietà di un altro esponente politico di Pianura, dell’allora assessore comunale (in quota Margherita) Giorgio Nugnes, morto suicida un anno dopo gli scontri dopo essere finito al centro di un vero intrigo paragiudiziario: «Ricevetti telefonate di conforto da parte di Nugnes, a metà gennaio del 2008, passata l’onda d’urto e la violenza della prima fase di protesta». Parole che per il pm Ardituro valgono la conferma di una scelta strategica da parte di Nugnes, in una prima fase degli scontri vicino a Nonno, poi distante dall’ala dura della mobilitazione popolare. Tocca alla difesa di Nonno, che incalza Diodato sugli interessi economici familiari di Diodato a Pianura: «La condanna di mio cugino per camorra? È una storia vecchia, si è riabilitato e lavora al nord - spiega Diodato -. Le forniture assegnate al distributore di benzina di mia sorella dall’Asia? Non le conosco, chiedete al Comune, ricordo che in Italia non esiste il reato di parentela». Poi una nota di Nonno: «Abbiamo esposto le ragioni del malcontento di molti cittadini nei confronti di Diodato».