Rifiuti e veleni, ecco il dossier choc scempio da un milione di tonnellate
Un milione di tonnellate di rifiuti abbandonati tra la provincia di Napoli e quella di Caserta. Si tratta di sacchetti della spazzatura, ma soprattutto di ingombranti, inerti e speciali. Il censimento nei settanta comuni dell’area di interesse nazionale del litorale domitio flegreo è stato fatto nel 2009 dal commissariato per le bonifiche: sono stati individuati ben 1122 siti pieni di monnezza di tutti i tipi. Pneumatici, residui delle lavorazioni edilizie, calcinacci, gabinetti, bidet, mobili di tutti i tipi, elettrodomestici si accumulano lungo i canali dei Regi Legni, sotto ai cavalcavia dell’asse mediano, nelle strade che portano all’inceneritore di Acerra, sui bordi delle campagne. Sono 849 mila 236 le tonnellate che secondo il commissariato per le bonifiche ammorbavano nel 2009 i settanta comuni censiti. Se si considera che le amministrazioni sono 196 non si può dubitare che almeno un milione di tonnellate di spazzatura di ogni tipo avvelenava (e avvelena ancora) le due province. Tra il 2008 e il 2009 si provò a organizzare un intervento straodinario coinvolgendo la Astir e la Iacorossi, le imprese che lavoravano per la Regione. Poi i soldi sono finiti e gli incarichi sono stati sospesi. Le imprese erano riuscite a sollevare solo un centinaio di migliaia di tonnellate, il dieci per cento di quello che bisognava togliere dalle strade. Qualche intervento è stato fatto anche, prima della dichiarata fine dell’emergenza, in collaborazione con l’esercito. Poi più nulla: la struttura operativa lasciata sul campo da Bertolaso dal primo gennaio del 2009 ha ripetuto di non avere più questo compito. La legge del febbraio 2010 stabilisce che «La regione Campania e le relative province, nella ricorrenza di oggettive condizioni di necessità ed urgenza riconosciute tali dall'Unità operativa, possono richiedere alla Unità stessa ogni utile attività di supporto». In questo caso, però, si tratta di affrontare una situazione drammatica, ma certamente non imprevista. Il fenomeno è invece endemico e ricade nella responsabilità delle amministrazioni comunali. Ma gli enti locali non hanno la possibilità economica di affrontare impegni così gravosi. E così le montagne continuano a crescere. Dal 2009 la situazione è perfino peggiorata. Basta un rapido giro tra Napoli e Caserta per rendersene conto. Basta una gita nella zona dei grandi supermercati che sorgono tra Casoria e Afragola per vedere quanto la terra sia ancora sfregiata. Basta aggirarsi tra Giugliano, Sant’Antimo e Parete per capire che la parola emergenza non ha nessun senso: nella terra dei fuochi il dramma è la quotidianità. L’economia illegale non ha mai smesso di produrre centinaia di migliaia di rifiuti fuorilegge sui quali i cittadini hanno abbandonato a loro volta sacchetti su sacchetti trasformando le strade in enormi sversatoi. E, ovviamente la situazione non è rosea nemmeno a Napoli dove l’Asia combatte per arginare il mare degli sversamenti illegali, ma spesso viene respinta con perdite. Il bollettino della guerra fornisce cifre da brivido. L’azienda partecipata del Comune recupera ogni mese la bellezza di tremila tonnellate al mese di ingombranti. E poi ci sono gli inerti e i rifiuti abbandonati fuori dei cassonetti: sono altre 40 tonnellate al giorno. Quattro camion quotidianamente cercano di raccogliere quanto è stato illegalmente sversato. I punti più caldi: Brecce a Sant'Erasmo, viale Cavalleggeri d'Aosta e viale della Resistenza. Ma ad essere lordati dai criminali della monnezza sono un po’ tutti i quartieri del la città. Ad agire, però spesso non sono i napoletani. Per tutto il periodo dell’emergenza sono piovute le multe per abbandono di rifiuti: solo una ventina di 1940 denunciati abitavano a Napoli: tutti gli altri arrivavano dalla provincia e molti erano in trasferta proprio per scaricare spazzatura. L’illegalità, quando si tratta di monnezza, non ha confini.