I violenti pronti a tornare in piazza se falliscono le trattative istituzionali

Resta in piedi l'ìpotesi di un collegamento tra le "teste calde" di terzigno e quelle di Chiaiano. Nel mirino 20 nomi
4 ottobre 2010 - Giuseppe Crimaldi
Fonte: Il Mattino

Il fuoco continua a covare sotto le ceneri di Terzigno. Non basteranno i giorni di tregua annunciata da parte dei manifestanti che dicono no alla seconda discarica a rasserenare un clima incandescente. Il ritrovamento di 12 bottiglie molotov è la dimostrazione più evidente di come la guerriglia possa riprendere da un momento all’altro; ma spiega anche un’altra cosa: l’esistenza di un piano, di una strategia della tensione ben architettata. Sono ore di tregua armata, insomma.
Tra gli investigatori la consapevolezza che gli scontri possano riaccendersi da un momento all’altro è alta. E dunque si sa che, presto o tardi, le ostilità potrebbero riprendere. Forse anche più virulenti di quanto non lo siano state fino a oggi. L’analisi di ciò che sta accadendo non può prescindere da un dato: in queste ore si registra un calo di tensione, in tutta l’area che da Boscoreale a Terzigno è interessata dalla minaccia di una seconda, devastante discarica. Devastante è il termine più appropriato, se è vero come è vero che la qualità della vita per le centinaia di famiglie residenti nella zona è drasticamente peggiorata già dopo l’apertura della discarica «Sari». Dalla cava ormai quasi satura i miasmi viaggiano, a seconda dei venti, lungo un raggio di azione di mezzo chilometro, raggiungendo Trecase, Boscoreale, investendo in pieno Terzigno e spingendosi fino ad Ottaviano, a Torre Annunziata, Torre del Greco e Pompei.
In questo clima di tregua armata e condizionatissima, basterebbe un nulla, anche solo la voce del fallimento di un tentativo di mediazione che è in atto, a far riesplodere gli scontri. Se fino a oggi le cose non hanno fatto registrare nuovi guai è perché il manipolo di facinorosi (che hanno gioco facile a infiltrarsi tra la massa di manifestanti) ha oggettive difficoltà di azione. Confermata la pista che porta agli ambienti dell’antagonismo sociale, i magistrati inquirenti, la Digos e i carabinieri cercano di stringere il campo intorno a quei 10-20 nominativi di persone che sarebbero state già identificato. Di loro sanno quasi tutto. Ora si tratta di attendere gli sviluppi di carattere giudiziario. Difficile per ora dire se vi sia un collegamento fra chi agisce in questo modo a Terzigno e i «violenti» di Chiaiano. Gli inquirenti non hanno elementi per dire che vi siano le stesse persone dietro la guerriglia. E sorprendono, francamente, le parole pronunciate ieri dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che ha detto: «Quanto accaduto a Terzigno, stando agli atti della prefettura di Napoli, è particolarmente grave e c’è il forte sospetto che ci siano infiltrazioni della camorra dietro le manifestazioni di piazza». La pista camorristica resta, al momento, in secondo piano. Fermo restando che gli appetiti della criminalità organizzata non hanno mai smesso di inseguire il grande affare dei rifiuti, tuttavia rispetto agli scontri tra manifestanti e polizia dei giorni scorsi si tende a minimizzare il ruolo dei clan. Come ha detto lo stesso procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore, la camorra diventa spesso e volentieri un facile alibi che può servire a mascherare altre responsabilità. Certo, esistono alcuni episodi - a cominciare dal raid intimidatorio rivolto giorni fa contro gli operai a bordo di un camion compattatore a sant’Anastasia - che presentano modalità esecutive che sono tipiche della criminalità organizzata, ma questo non può bastare a orientare le indagini verso la pista camorristica. E dunque? C’è dell’altro, ci sono le teste calde e le schegge impazzite dell’antagonismo sociale, peraltro non nuove ad azioni eclatanti già durante la prima emergenza rifiuti del gennaio 2008. E ora ci sono anche le molotov scoperte a Terzigno. Sarebbe la prima volta, a memoria, che i clan della camorra decidono di combattere la loro guerra a colpi di bottiglie incendiarie. Dunque il fuoco continua a covare, sotto le ceneri del Vesuvio. Ed è un fuoco che resta vivo, per tutti i motivi che sono stati detti. Tutto sta a capire quanto durerà la tregua. In questo clima continua la paziente opera di polizia e carabinieri. Opera non solo investigativa. Decine di macchine sono infatti impegnate ogni giorno e ogni notte a scortare i camion compattatori, per proteggerli da eventuali raid e attacchi.

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