Le «mamme vulcaniche»: siamo tigri non ci ferma nemmeno la camorra
Boscoreale. La rivolta è femmina. E quando si muovono le donne napoletane vuol dire che la misura (leggi discarica e pazienza) è colma. Tra Boscoreale, Terzigno e tutta l’area vesuviana, in subbuglio per l’apertura della seconda discarica nel Parco Nazionale, la protesta indossa la gonna. «Dove non arriva la forza dell’uomo, arriva quella delle donne» spiega con orgoglio e sfida Carla Lettieri, tra le fondatrici del comitato «Mamme vulcaniche per la salute», un gruppo di una sessantina di signore («Ma presto arriveremo a cento»), tra i trenta e i cinquant’anni, con figli in età scolare. Domenica prossima si sono date appuntamento a Pompei, per la tradizionale supplica alla Madonna del Rosario. Arriveranno tutte vestite di nero per testimoniare il dolore e il loro futuro ferito. Intanto, però, per due giorni hanno occupato due scuole di Boscoreale: il Circolo didattico di via Cangemi e la scuola media Dati. Un atto simbolico per difendere i propri bambini. Fanno i turni e tengono in ordine la scuola, vigilando che nessuno si azzardi a commettere atti di vandalismo. Fuori ai cancelli della media Dati gli striscioni rudimentali sono chiari: «Difendiamo la salute dei nostri ragazzi», «Scuola occupata». Per domani mattina hanno organizzato anche una manifestazione generale a piazza Vargas «per rivendicare il diritto alla vita». Del gruppo fanno parte casalinghe e impiegate, insegnanti e professioniste. «Siamo tigri» spiegano in coro. «Non ci ferma nessuno, neanche la camorra». Sono caricate a rabbia, ma si documentano e produrranno anche documenti. I loro figli soffrono d’asma e allergie. I loro mariti hanno sviluppati linfomi. Ma perché vulcaniche? «Siamo cresciute sulla lava del vulcano, siamo donne calde» raccontano con un pizzico di ironia tutta partenopea. «Hanno cominciato a chiamarci così sui giornali e abbiamo accettato la definizione perché vigileremo e interverremo. Possiamo diventare più potenti del Vesuvio». Tra un caffè e un sorso d’acqua, tra una confidenza e uno scatto d’ira, discutono appassionate. «Puntiamo a fare chiarezza» spiega Mariella Stanziano, di professione avvocato «sia nell’interpretazione delle leggi, sia sulle modalità dei nostri interventi». La faccenda è molto complessa, riconosce: «Non si può risolvere rapidamente, purtroppo». E allora più del pessimismo della ragione può fare l’ottimismo della volontà: «La forza delle mamme». Lei ha due figli (4 anni e 17 mesi): «Ma avrei portato avanti questa battaglia anche se ne avessi avuto uno, quattro o nessuno. È che hanno tradito il nostro futuro. Ci hanno illusi, facendoci credere di poter vivere in un Parco nazionale, in un’oasi ambientale, all’ombra del Vesuvio. Invece ci stanno avvelenando con i rifiuti, distruggendo un bene naturale unico al mondo. Allora più della fredda burocrazia stiamo parlando al cuore, emozionando». Instancabili, certo, ma pure convinte che una strategia, in questo gomitolo impigliato di Terzigno, richiede molta pazienza per poter sbrogliare l’intrico. «Non abbiamo una strategia generale, se non quello di fermare il mostro» conclude la mamma-avvocato. «Come? Lo stabiliamo di giorno in giorno, di ora in ora. Siamo pragmatiche e dolci, ma dure come tutte le mamme». Ma c’è chi si è attivato anche fuori del comitato vulcanico. Emilia Vitale, genetista del Cnr, insieme a un gruppo fatto di geologi, oncologi, chimici e architetti, s’è messa di buzzo buono a studiare e produrre documenti, puntando sulle analisi delle falde acquifere e dell’aria, per informare, quasi porta a porta, la gente della zona. Un modo per uscire dal chiacchiericcio in cui tutti sembrano conoscere tutto, ma le verità restano sepolte da cumuli di tal quale.