Notte nel Parco con l'incubo delle cariche
BOSCOREALE. Quest’autunno la vendemmia è amara. Lacryma Christi e lacrime di rabbia. Ma pure rabbia senza lacrime. E soprattutto notti all’addiaccio, davanti a falò dove bruciano sterpi e pedane. Qui alla falde dello sterminator Veveso, il contadino non si alza di notte per vedere se l’acqua del pozzo ribolle, segno che il vulcano s’è svegliato, ma guarda la strada da dietro le cancellate della sua casa, scruta le facce di carabinieri e ragazzi che si affrontano. La luna è crescente, come la tensione. E lungo via Zabatta, che da Boscoreale porta a Terzigno (strano paese con un nome da difensore brasiliano), nel buio senza lampioni, non si sparge il profumo della lenta ginestra di selve odorate, c’è solo la puzza della Cava Sari che prende alla gola con il suo velenoso sapore chimico. Alla rotonda di via Panoramica sono arrivati, come tutte le sere, a centinaia. Sotto l’occhio ciclopico di un riflettore acceso all’imbocco di via Promiscua le teste si muovono come un branco di alici in un mare cupo. Le facce e le voci sono di gente della porta accanto, ragazzi, donne, uomini, lavoratori. Chiacchierano, mentre cercano un po’ di calore, vicino alle fiamme accese davanti al gazebo che avrebbe dovuto ospitare i politici in presidio permanente (ma non s’è visto nessuno). Parlano di calcio e di università. Tuo fratello perché non è venuto, stasera? Domani ha un esame. Ah, be’.
È un’inquietante Fortezza Bastiani. Si aspettano i tartari, in un deserto di monnezza e risentimenti. E i barbari sono dei camion scortati che fino alle 3 del mattino non arriveranno. Sono passati da sopra, da Terzigno. E lassù il solito spettacolo di scontri, olio sull’asfalto, massi pesantissimi a ostruire il passaggio. Qui invece la sfida è fatta di parole, di gesti, di sguardi. Il primo tentativo di forzare il blocco è poco dopo le 10 di sera. C’è solo una fila di militari in tenuta antisommossa. Elmetto, scudo, manganello. Saranno una dozzina. La gente, soprattutto ragazzi molti con la mascherina, si avvicina alla spicciolata. La testa del corteo è prima grande, ma si sbriciola a poco a poco. I gregari rallentano il passo, soprattutto ragazze con il piercing attaccate al fidanzato per timore più che per affetto. I carabinieri sembrano delle statue di sale, immobili. Ascoltano le proteste aspre di chi si avvicina. Ma non vi vergognate a bastonarci, noi veniamo qui per proteggere la salute dei nostri figli, il loro futuro, non avete cuore. Il militare a stento muove le labbra, non si capisce se è un sorriso o una maledizione muta, sembra rassegnato agli insulti, ma resta vigile a controllare quel pezzo di strada che lo Stato gli ha affidato. Non succede nulla. Dopo un’ora inutile si torna indietro, ma le discussioni con le forze dell’ordine continuano. Attorno a un poliziotto in borghese c’è un capannello di persone che urla: dobbiamo passare, proteggiamo le nostre case e i nostri diritti, guardaci, secondo te siamo camorristi? Che faresti tu se costruissero una discarica vicino casa tua. E lui, il poliziotto: ma io vivo a Chiaiano e la discarica ce l’ho sotto la finestra, di che parlate? E se vi faccio passare vengo meno agli ordini e finisco in manette. Ogni commento sembra superfluo. Si torna alla rotonda, i carabinieri guadagnano un altro pezzo di strada. Ora tutti sono racchiusi nel cerchio dell’incrocio. La tensione è più pesante dell’umidità che rattrappisce i muscoli. Basta il falso allarme di una carica per scatenare fughe nel buio come in un arena per tori. I ragazzi dall’alto dei muretti studiano la mise dei poliziotti. Come vorrei avere anche io scudo, manganello e casco, confessa un adolescente griffato a un altro, e magari pure la pistola, sai quante mazzate darei. Invidiano l’altra parte della barricata, come se partecipassero, da protagonisti, a un videogioco dove più armi impugni più sei imbattibile.
L’attesa è stata inutile. Alla spicciolata la piazza s’è svuotata. All’imbocco della strada che porta al ventre puzzolente i poliziotti hanno abbassato gli scudi, le auto e gli scooter hanno ricominciato a passare con cautela. Gli ultimi resistenti, tra i quali alcune mamme con le figlie, vanno via. Lo showdown non c’è stato, ma ne è valsa la pena, per una sera hanno attraversato il piccolo schermo: non erano sedute davanti alla tv, ma dentro.