«Cava di Terzigno, rischio crolli» l’allarme dalla perizia idrogeologica

Ecco la mappa delle aree finite nel mirino dei pm
Ex resit disastro targato camorra
27 settembre 2010 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino

L’area del disastro ha un cratere di un centinaio di chilometri quadrati. Abbraccia il grande canalone dei Regi Lagni e i terreni di Scafarea, Tre Ponti e Taverna del Re, s’inerpica sino alle falde del Vesuvio, fino a Terzigno. È un triangolo costruito sui veleni, la sezione trigonometrica di un territorio contaminato dai rifiuti, urbani e industriali, raccolti nelle discariche abusive in oltre vent’anni di uso dissennato e criminale del territorio. Il perimetro è tracciato dalle inchieste giudiziarie degli ultimi anni, le stesse nelle quali il disastro è contestato come reato e i responsabili individuati e denunciati. Le due discariche di Terzigno, la cave Sari e Vitiello, sono oggetto proprio in questi giorni di perizie geologiche e di carotaggi, indagini necessarie a costruire una sorta di identikit idrogeologico della falda del vulcano. I primi risultati sono sconfortanti: le pareti della Sari mostrano visibili segni di cedimento, brecce attraverso le quali potrebbe fuoriuscire melma mista a percolato. La Comunità europea, che le ha già definite fuorilegge, potrebbe per questo mettere in mora l’Italia. Anche perché l’area del Vesuvio è sottoposta al vincolo paesaggistico dell’Unesco. Il disastro è stato documentato nell’area a nord di Napoli, quella compresa tra Giugliano, Parete, Villaricca, Qualiano, Villa Literno. Nella perizia del geologo Giovanni Balestri, depositata nel processo a carico di Cipriano Chianese, titolare della discarica Resit, padre fondatore del sistema delle ecomafie, è scritto che entro il 2064 il percolato prodotto da 341 mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi (a cominciare dai fanghi dell’Acna di Cengio), di 160 mila e 500 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, di 305 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani, precipiterà nella falda e avvelenerà decine di chilometri quadrati di terreno e tutto ciò che lo abiterà. Per questa ragione i pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci si stanno avviando a chiedere il rinvio a giudizio di Chianese a di altre cinque persone: Claudio De Biasio, ex direttore generale del Consorzio Ce4; Giulio Facchi, ex subcommissario di governo per l’emergenza rifiuti in Campania; Bruno Orrico, funzionario presso la stessa struttura; Sergio Orsi, ex direttore generale della società Ecoquattro; Giuseppe Valente, ex presidente del consorzio Ce4 e del consorzio Impregeco. L’inchiesta si salda, sia pure idealmente, con quella precedente della Procura di Santa Maria Capua Vetere, che aveva già sanzionato l’attività della famiglia Roma, operatori del riciclaggio del rifiuti che in più inchieste compaiono assieme a Cipriano Chianese. Per anni hanno venduto fanghi tossici ai contadini della stessa zona, spacciandoli per ammendante. I terreni sono stati, dunque, fertilizzati con metalli pesanti e sostanze chimiche che hanno avvelenato alla radice le coltivazioni. Non basta. Le esondazioni periodiche delle acque del Regi Lagni hanno fatto il resto. Lungo il canale principale - oltre sessanta chilometri di scarichi a cielo aperto che attraversano tre province e 104 comuni - ci sono centinaia di aziende zootecniche, impianti industriali, megastore commerciali, officine meccaniche. Producono mozzarella, conserve, detersivi, abbigliamento. Immettono gli scarti di lavorazione direttamente nel canalone, saltando le griglie e le paratie. Ciò che arriva a mare, transitando per le vasche di depurazione, è una mistura velenosissima, molto più pericolosa di quanto fosse in partenza, responsabile di un disastro ambientale di proporzioni colossali. È dello scorso aprile il sequestro di quattro dei cinque depuratori del bacino Napoli-Caserta: quelli di Villa Literno, Orta di Atella e Marcianise (gestiti da Hydrogest) e di Marigliano, affidato alla Costruzioni Dondi. Oggi lavorano sotto la sorveglianza delle Procure di Nola e di Santa Maria Capua Vetere, ma per arrivare alla bonifica completa delle acqua ci vorranno ancora molti anni.

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