I rifiuti in Campania, la nuova peste dell’Italia

Nel nuovo libro di Tommaso Sodano e Nello Trocchia il racconto di quello che Piero Calamandrei chiamava "la putrefazione morale"
2 ottobre 2010 - Tommaso Sodano, Nello Trocchia
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Anticipiamo stralci del libro La Peste (edito da Rizzoli), scritto da Tommaso Sodano con il giornalista Nello Trocchia. Sodano, nel 2003 denuncia alla procura della Repubblica le irregolarità nel ciclo dei rifiuti, una denuncia da cui partirà il processo contro Bassolino e i vertici di Impregilo. In questo estratto pubblichiamo uno dei documenti esclusivi presenti nel libro, una informativa dei carabinieri che racconta i rapporti spericolati di Luigi Cesaro, Pdl, attuale presidente della provincia di Napoli, presentato come fulgido esempio di rinnovamento e del rilancio della Campania.

“Gigino! Gigino! Gigino!” Un grido si alza nella sala e tutti in coro a intonarlo. Un solo nome: Gigino. Attorno al tavolo, lo stato maggiore del Pdl: Mario Landolfi, Nicola Cosentino, Mara Carfagna, Sergio De Gregorio, Paolo Russo, Stefano Caldoro. Il nuovo è servito. In mezzo c’è Luigi Cesaro, candidato alla presidenza della Provincia di Napoli. È il 17 gennaio 2009 e all’Hotel Excelsior si celebra la new entry.

Ma chi è questo cinquantasettenne dal napoletano fluente e dall’italiano carente? Il suo discorso comincia così: “Non riesco a quantizzare quanti amici stanno in questa sala. Questo abbraccio mi entusiasma e mi sprona al mio e nostro progetto di costruire una provincia di Napoli finalmente vivibile”. E poi sferza la platea: “Il disastro è sotto gli occhi di tutti, non da oggi, sono cose già detto da tante persone. Sciolgo la riserva e accetto l’invito che mi avevate fatto”. Scrosciano applausi. Gigino balbetta, inciampa di continuo, cambia i fogli rapidamente e si giustifica: “Leggo perché sono emozionato”. La notizia della candidatura viene salutata positivamente dal centrodestra. Mara Carfagna, ministro per le Pari Opportunità, non nasconde l’emozione: “Sono qui perché questo è il giorno del riscatto. Pensiamo ai milioni di euro spesi in opere pubbliche mai realizzate, al disastro dei rifiuti, alla mancanza di sicurezza nelle scuole. Il governo Prodi non ha voluto disturbare i suoi luogotenenti”. (…)

Cesaro che ripete alla platea di accoliti le parole d’ordine “passato, disastro, cambiamento, novità, futuro”. Il vocabolario dell’homo novus, arrivato a mutare le sorti di una provincia per avviare la presa, armi in spalla, di Comune e Regione. Cesaro può farlo, viaggia sull’onda dei successi di Silvio Berlusconi. Lo chiama “presidentessimo”: “Quando scende il premier, gli faccio mangiare la mozzarella”. L’aria è cambiata, il presidente del Consiglio ha fatto il miracolo; lo dicono i giornali, ne sono convinti i cittadini. Basti guardare il sondaggio effettuato dall’Istituto Piepoli. Domanda semplice: “Di chi è la responsabilità dell’emergenza rifiuti?”. Più di un terzo, il 36 per cento, ha risposto di Bassolino e Jervolino, presidente della Regione e sindaco di Napoli. Opinione diffusa è che la classe dirigente di centro-sinistra abbia toppato, stagione finita. Ma quando si chiede il giudizio sull’operato del governo, l’82 per cento degli italiani (sommando “molto” e “abbastanza”) approva l’apertura delle discariche e la realizzazione di quattro forni o inceneritori. Nel famoso discorso del 17 gennaio 2009 Cesaro, futuro presidente della Provincia, confessa: “Noi abbiamo lavorato nei Comuni a costruire questa nuova classe dirigente. Ora dobbiamo governare e ridare dignità al nostro popolo”. Ecco, i Comuni: come hanno lavorato nei Comuni? Bisogna partire da lì per capire, e poi torneremo a quel tavolo; nel frattempo, teniamola a mente la foto di famiglia: Landolfi, Cosentino, De Gregorio, Russo. Tutti attorno al primo viceré: Luigi Cesaro, per tutti Gigino. L’armadio del primo viceré è ricco di particolari. Non solo il processo per rapporti con la camorra negli anni ‘80, da cui è uscito assolto, ma anche altro.

Cesaro arriva da un comune in provincia di Napoli, Sant’Antimo. Nel 1991 il comune di Cesaro viene commissariato per mafia.(…) Su Gigino i Carabinieri scrivono, e tanto. C’è un altro documento salvato dal fuoco dell’occultamento. L’informativa riguarda gli accertamenti per dare seguito alla proposta di scioglimento. Sempre anno 1991(…). La pubblichiamo per la prima volta. Si legge: Luigi Cesaro [...] ricopre la carica di consigliere provinciale eletto nelle liste del Partito socialista italiano [...].

Numerose sono le relazioni di servizio redatte dall’Arma di Sant’Antimo circa le frequentazioni di questi con noti pregiudicati del luogo tra cui Santo Flagiello [soprannominato “Santuliello Capa ’e Bomba”, noto affiliato al clan camorristico capeggiato da Geremia Ranucci, soprannominato “Ciruzzo o’ Curnutiello”], Salvatore Puca [soprannominato “Barbettella”, ucciso in un agguato di matrice camorristica] ed il libero vigilato Francesco Di Sebastiano.

Gigino “il presidente” è stato tirato in ballo dalle dichiarazioni del pentito dei sacchetti Gaetano Vassallo, quello che ha guidato la devastazione di una regione. Vassallo lo accusa di rapporti molto pericolosi e di contiguità con il potere camorristico. Cesaro si dichiara innocente e si dice indignato. “Solo fango su di me” ripete. “Non conosco il signor Vassallo né tantomeno altri esponenti della criminalità organizzata napoletana”. Cesaro ha chiuso l’armadio e riciclato il passato. Luigi Cesaro, chiamato “’a Pulpetta”, oggi è presidente della Provincia, partito Pdl, e mantiene il posto in Parlamento da deputato. Fa parte della schiera dei politici con il doppio incarico. Le malelingue hanno una spiegazione: in caso di mandato di arresto non può finire in galera, per questo si tiene l’immunità parlamentare. Ma sono solo malelingue.

I monatti di Acerra.

Per capire come l’emergenza si sia autoalimentata e si sia trasformata in peste bisogna partire da lembi di terra, storie minuscole, sottaciute dai mezzi di informazione, ma capaci di spiegare il meccanismo perverso che ha generato lo scandalo. (…)

Acerra è un comune della provincia di Napoli, salito alle cronache locali per la battaglia civile delle mogli e dei familiari dei morti della Montefibre, una di quelle aziende spacciate per strumenti del rilancio del territorio e diventate invece foriere di morte e devastazione ambientale.

(…) Non solo. Tonnellate di rifiuti tossici disseminati ovunque e presentati come concime che gli agricoltori raccoglievano nei terreni che coltivavano. Nella stessa zona della Montefibre ora sorge l’inceneritore che il progresso e la neolingua chiamano termovalorizzatore. “In quelle zone nel corso degli anni si è venuto ad insediare lo stabilimento della Montefibre, industria chimica produttrice di fibre sintetiche, si è venuta a realizzare la discarica abusiva di contrada Lenza Schiavone ed è in costruzione (oggi parzialmente in funzione, NdA) il termovalorizzatore, venendosi così di fatto a realizzare l’industrializzazione dell’area, che ha inevitabilmente comportato un diffuso inquinamento ambientale [già nei primi anni Novanta la Montefibre è stata oggetto di indagini a seguito della morte di 81 operai a causa della riscontrata presenza di amianto]”. È il passaggio di una sentenza di un tribunale della Repubblica, quello di Nola. Sentenza rimasta senza dignità di stampa. (…) A ogni emergenza si risponde con una forzatura, con un atto, con un’ordinanza che autorizza l’apertura di una discarica senza le necessarie verifiche ambientali, o con uno stoccaggio temporaneo che dovrebbe durare sei mesi ma che invece va avanti per anni, o con l’apertura del cantiere dell’inceneritore senza neanche la valutazione d’impatto ambientale. Tutto giustificato con l’emergenza che impone velocità di esecuzioni e scelte affrettate. Poi scopri che i contratti vengono disattesi, la gestione dei rifiuti viene coperta da errori macroscopici e omissioni di chi era deputato a controllare. E non è finita qui. Scopri che realizzano l’inceneritore in una località che si chiama Pantano, perché lì c’è l’acqua che sgorga in superficie. Così i geni del Nord provano a scavare, ma l’acqua continua ad allagarli e allora piazzano delle pompe per asciugare le fondamenta.

(…) Era il 2004, c’erano i presidi contro l’inceneritore di Acerra, il mostro che si volle costruire in una terra martoriata, che andavano avanti da più di un anno. Ero lì con la popolazione in lotta, notte e giorno, facendo i turni, organizzando momenti di socialità e di informazione. (…) Pochi passi da quel luogo simbolo e scopro che ad Acerra il Commissariato aveva affittato un’area per 9 milioni di lire al giorno a una ditta privata. È scandaloso e denuncio pubblicamente questa situazione. La notizia esce su un giornale locale. Un affitto, iniziato nel 2001, e che si prolunga per quattro anni, fino al 2004. La discarica sita in località Lenza-Schiavone ospitava rifiuti provenienti da diversi comuni della provincia che poi venivano trasportati verso il Nord e la Germania. Il privato era dotato di tutte le autorizzazioni necessarie. Il calcolo è molto semplice: abbiamo dato a un privato oltre 12 miliardi di lire per un terreno di 24.000 metri quadrati che avremmo potuto comprare a prezzi di mercato per non più di 400 milioni di lire. Un privato. E che privato! Lo Stato, mentre presidiava una popolazione inerme con poliziotti in assetto di guerra, consentiva a un’impresa di lucrare sull’emergenza, con le ricadute ambientali che le inchieste successive avrebbero evidenziato. (…)Per la gestione di questa discarica, camuffata sotto le mentite spoglie del sito di stoccaggio, nel 2008 il responsabile è stato condannato, in primo grado, a tre anni di reclusione.

Quando inaugurano il forno di Acerra, è il 26 marzo 2009: in pompa magna, Silvio Berlusconi preme il bottone rosso e dichiara: “Questo pulsante è l’esempio pratico del cambiamento della situazione. Con i precedenti governi della sinistra si intendevano come dimostrazioni di democrazia le azioni che minoranze organizzate facevano interrompendo un’autostrada, bloccando un aeroporto, occupando un’area per impedire la realizzazione di un impianto, cioè andando contro le decisioni assunte democraticamente da istituzioni dello Stato. La sinistra valutava queste azioni come espressioni di democrazia diretta. Noi la pensiamo esattamente al contrario, queste erano e sono azioni contro gli altri cittadini, contro le istituzioni e contro lo Stato, contro la vera democrazia.

Berlusconi non è informato. Alle proteste contro l’inceneritore c’era anche Alleanza Nazionale e contro quell’opera il sindaco di Acerra di Forza Italia nel giugno del 2003 si dimise per manifestare il proprio dissenso.(…) Interviene, in quei giorni, anche Nicola Cosentino: “Lo Stato è tornato a fare lo Stato, risolvendo l’emergenza rifiuti in cento giorni e arrivando all’inaugurazione del termovalorizzatore di Acerra. Senza dimenticare i colpi inferti alla criminalità organizzata. Adesso ci si avvia a superare la stagione del centro-sinistra e Pdl vuole conquistare la Regione”. Tutti i giornali e le tv mostrano le immagini dell’inaugurazione e titolano:L’inceneritore di Acerra è entrato in funzione. Ad Acerra attendevano anche il Polo pediatrico, ma di quello neanche l’ombra. Nel 2004 il governo, sempre guidato da Berlusconi, aveva tagliato i fondi previsti per la sua realizzazione. Una beffa dal finale amaro. La motivazione giunta dalla presidenza del Consiglio alla fondazione Sant’Alfonso de Liguori, promotrice del Polo, era surreale: il Polo non si fa per i timori avanzati dall’Inail a causa dell’inceneritore. I fondi già deliberati per la realizzazione del Polo pediatrico vengono così dirottati altrove. E meno male che l’inceneritore era a impatto zero. L’ultima chicca del presidente spazzino è da manicomio criminale. Durante l’inaugurazione arriva a dire: “Gli uomini di Impregilo sono veri eroi che qualcuno ha cercato di ostacolare, ma hanno tenuto duro”. Un’ecoballa che neanche il più grande bruciatore d’Europa potrebbe ingoiare. Ma tv e giornali la propagandano come verità assoluta. E noi ridotti a comparse.

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