Due dossier dell’Antimafia sulle ditte della guerriglia
Non è lontana l’identificazione delle persone che mercoledì hanno devastato l’autoparco di Enerambiente danneggiando 46 mezzi. Ma la Digos napoletana, diretta dal primo dirigente Filippo Bonfiglio, indaga anche per verificare se il raid sia nato dalla rabbia dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro o se, come sembra, dietro le quinte si stiano agitando interessi diversi. Ieri i dipendenti della cooperativa hanno scritto una lettera aperta per scusarsi «per i gravi ed incresciosi espisodi verificatisi nei cantieri della società Enerambiente» ma anche per ricordare: «Non percepiamo retribuzione dallo scorso mese di luglio». Ma chi sono i soci dell’impresa? Spiega l’amministratore Salvatore Fiorito: «La nostra è una cooperativa sociale di tipo B e quindi è formata, come richiede lo statuto, anche da ex detenuti, tossicodipenti, disagiati e portatori di handicap». Gran parte dei soci, Fiorito in testa, proviene dalla cooperativa San Marco fulminata da un’interdittiva antimafia della prefettura. Spiega l’amministratore: «Dal 2003 ho partecipato al movimento dei disoccupati, prendendo parte alle proteste di piazza e ho ricevuto anche delle denunce. Dal 2006 ho lavorato per la San Marco: quando è arrivato il provvedimento dell’ufficio di governo, io e molti altri siamo entrati in Davideco». La procedura non è nuova: quando un’impresa viene colpita da un’interdittiva i soci emigrano verso nuove aziende. Nel caso della San Marco gli 007 della prefettura avevano accertato negli anni passati che l’amministratore di fatto era Salvatore Lezzi, leader di una fazione dei disoccupati assolto nell’aprile del 2009 dall’accusa di estorsione e associazione a delinquere di stampo camorristico. Ciononostante, il gruppo ispettivo antimafia che ha esaminato la pratica, sottolinea come la sentenza dimostri che Lezzi secondo gli stessi giudici che lo hanno assolto, era uno dei collettori di denaro «che i disoccupati pagavano alla camorra». Una volta diventati soci della Davideco i lavoratori sono stati utilizzati con contratti interinali dalla Enerambiente che per Asia raccoglie i rifiuti in un terzo della città. Anche di questa azienda si occupa il Gia che la individua come una delle ditte che avevano fornito servizi alla Saba, a sua volta interdetta. E non solo: la ditta sarebbe collegata a tale «D’Oriano Antonio, già proposto per l’applicazione di una misura di prevenzione antimafia, figlio di Domenico indicato in un informativa dei carabinieri quale anello di congiunzione tra il clan D’Alessandro e la Sacra Corona Unita», come si legge nel rapporto. Una situazione segnalata da Napoli a Venezia, dove ha sede l’impresa. Al momento non risultano né risposte né successive sollecitazioni. Ad agosto Enerambiente vede ridursi, dopo una gara andata a vuoto, l’appalto da parte di Asia. Intanto il primo luglio Davideco fitta un’altra ditta: la Cise amministrata da Paolo Pirone. Anche di lui si è occupata la commissione prefettizia nella relazione di scioglimento del comune di San Giuseppe Vesuviano, poi riabilitato dal Tar e attualmente in attesa della sentenza del Consiglio di Stato. In una segnalazione alla prefettura di Milano, dove la società ha sede, l’ufficio di governo napoletano sottolinea: «Occorre evidenziare cointeressenze e rapporti societari del Paolo Pirone con il gruppo imprenditoriale Colucci La Marca» anche questi imprenditori sono gravati da interdittive». Ma le coincidenze non finiscono qui: Aniello e Salvatore La Marca sono, infatti, anche proprietari della Sari, la società che possedeva la cava di Terzigno dove attualmente vengono portati i rifiuti. E come se non bastasse la Cise ha lavorato a Sanremo nel servizio di raccolta dei rifiuti proprio con la Dock Lanterna, una delle ditte che si è assicurata nelle scorse settimane i lotti strappati a Enerambiente. Circostanza che secondo Fiorito non ha alcun legame con il fitto dell’azienda da parte di Davideci: «Ho fittato Cise perché volevamo partecipare in proprio a qualche gara», spiega l’amministratore. E poi: «Io sono sempre stato e resto ancora ora a disposizione della magistratura: ma finora non sono stato convocato».