Raid, roghi e disastro ambientale tre inchieste sulla nuova emergenza
Disordini autogestiti, ma a dare manforte ai cittadini di Terzigno sono arrivati dalla vicina Boscoreale e anche da Chiaiano. Manifestanti incappucciati, provenienti dall’area antagonista, che hanno messo a fattore comune l’esperienza fatta a Chiaiano tra la fine del 2007 e la primavera del 2008: dall’organizzazione della protesta ordinaria fino alle violenze e gli atti di teppismo. Alla Procura di Nola stanno arrivando le informative degli investigatori, sempre più dettagliate, con gli identikit dei responsabili degli incendi dei camion e la sassaiola. Ma è un lavoro che deve essere necessariamente confrontato con quello, quasi gemello, che sta facendo la Procura di Torre Annunziata, competente per i danneggiamenti avvenuti nel territorio di Boscoreale. I risultati sono convergenti, i responsabili delle azioni più violente hanno tutti un nome e cognome. Tra di loro, sottolineano gli investigatori, al momento non ci sono persone legate alla camorra - che invece hanno prestato la propria capacità intimidatoria nel raid napoletano, contro i mezzi di Enerambiente - pur essendo molto bravi nel creare un vero e proprio clima di terrore. Clima nel quale gli autisti degli autocompattatori stanno sversando i rifiuti in discarica. Ma il punto più delicato della vicenda, sottolineano fonti delle due Procure, riguarda proprio i due impianti: l’ex Sari, ormai quasi esaurita, e la cava Vitiello, oggetto della discordia. Ebbene, al di là della controversa e chiacchierata proprietà dei due impianti, è la sopravvivenza stessa degli sversatoi a essere oggetto di accertamento investigativo. Prendiamo la prima, aperta durante l’emergenza dal commissario straordinario Gianni De Gennaro: le informative antimafia non erano delle più limpide, essendo riconducibile alla famiglia La Marca, ma l’esproprio fu ugualmente autorizzato per ragioni improcrastinabili di pubblica utilità. L’impianto aveva funzionato per anni senza essere mai stato messo in sicurezza. Anzi, ha denunciato la commissione europea per le petizioni nella relazione che sarà discussa il 30 settembre, «il sito presenta una serie di carenze gravi e manifeste, tra le quali figurano anche elementi di carattere geologico». Sono stati rilevati dei cedimenti strutturali delle pareti, che potrebbero estendersi all’intera superficie. Di certo, l’impianto non è conforme alle normative europee. La cava Vitiello, invece, non è stata mai messa in sicurezza nonostante la paventata imminentissima apertura. Il rischio del disastro ambientale, della compromissione irreparabile dell’ecosistema del parco nazionale del Vesuvio è, in queste ore, all’attenzione dei magistrati di Nola e Torre Annunziata, assieme al monitoraggio costante della pesantissima situazione dell’ordine pubblico e alla verifica delle procedure adottate (o eluse) dall’amministrazione provinciale. Una miscela micidiale, pronta a esplodere da un momento all’altro. Rassicurazioni arrivano, invece, dal fronte Davideco-Enerambiente, sul quale indaga la Procura di Napoli. Il questore Santi Giuffrè ha annunciato l’imminente svolta nell’inchiesta sul raid nel quale sono stati distrutti gli automezzi. Ma pur se più violenta, quella vertenza era di più semplice soluzione: i responsabili, che hanno adottato metodi tanto cari alla camorra, sarebbero tra i quattrocento dipendenti a tempo determinato che dal primo novembre saranno senza lavoro, a causa della rescissione del contratto con la Davideco.