Raid e disordini: la camorra soffia sul fuoco

Gli investigatori: nessun progetto destabilizzante, ma uomini dei clan hanno partecipato alla guerriglia
25 settembre 2010 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino

Una convergenza di interessi. Meglio, la somma di interessi paralleli, per metà legittimi e per metà no. Ed ecco che il malumore dei cittadini di Terzigno si salda con quello dei quattrocento dipendenti della Davideco, che da novembre resteranno senza lavoro. Quattrocento posti rappresentano almeno duemila voti, ed ecco che anche la politica tanto contenta non è, perché la nuova discarica a Terzigno fa perdere consensi, gli esuberi del Consorzio unico - altri quattrocento posti - pure sono complicati da gestire, e il comparto rifiuti diventa, all’improvviso, un bubbone infruttuoso e pericoloso. I disordini, dunque, hanno molte madri e molti padri. E tra questi c’è pure la camorra, che ha i suoi uomini tra i disoccupati, i suoi infiltrati nella Davideco e magari anche nei ranghi più bassi di Enereambiente, così come nel Consorzio unico in liquidazione. L’ottanta per cento degli addetti al comparto, stimano le forze dell’ordine, ha precedenti di polizia o giudiziari anche per reati molto gravi. Dal sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, arriva l’allarme: «Non ci sono riscontri obiettivi in questo momento di una attività coordinata delle organizzazioni camorristiche presenti sul territorio però è evidente che non si può escludere in assoluto un’ipotesi del genere dal momento che il traffico dei rifiuti per decenni ha rappresentato uno dei filoni più redditizi di attività della stessa camorra». L’informativa preliminare trasmessa dalla Digos della questura di Napoli alla Procura rappresenta, in realtà, uno scenario complesso e una situazione esplosiva, soprattutto sotto il profilo dell’ordine pubblico perché, è l’idea del questore Santi Giuffè e del dirigente dell’ufficio Filippo Bonfigli, l’emergenza occupazionale si è sommata a quella ambientale in un contesto, oggi quello di Terzigno come fu due anni fa Chiaiano, in cui i cittadini pagano un prezzo altissimo in termini di disagi attuali e di prospettive future di vivibilità. E la Procura è della stessa idea. Non c’è un disegno strategico dei clan camorristici dietro la rivolta, la malattia simultanea di una sessantina di operatori, l’incendio dei compattatori. Ma elementi della camorra hanno prestato la propria capacità organizzativa e criminale al malcontento diffuso, utilizzando tecniche assai simili a quelle dei raid dimostrativi degli uomini del racket, dei gruppi insurrezionalisti o dell’area antagonista più violenta, della teppaglia di strada o da stadio. Tutto sotto controllo? Negli uffici investigativi e in Procura non si sottovaluta affatto il pericolo. Chiaiano non è stata dimenticata e la situazione sociale attuale, ricordano, a causa della crisi economica, è addirittura peggiore. Ed urgente, dunque, identificare gli uomini incappucciati autori del raid incendiario di mercoledì e giovedì. Solo in questo modo, fanno capire, si potrà sapere con certezza chi c’è dietro. Nessun progetto destabilizzante, dunque, almeno per ora. Nessun progetto criminale finalizzato a catturare appalti importanti e finanziamenti (per la bonifica, per la costruzione della discarica, per la raccolta) così come era stato all’epoca dei consorzi di bacino e come ha purtroppo insegnato la vicenda del Ce4. Sempre, però, che la protesta non si estenda anche ad altre parti della città e della regione, soprattutto alla vicinissima provincia di Caserta. Una recentissima indagine della Digos di quella questura, infatti, elenco dei dipendenti e dei fornitori del Consorzio unico alla mano, aveva individuato nomi di uomini e ditte collegati strettamente al clan dei Casalesi. Soprattutto imprese che, uscite dalla porta principale, erano rientrate dalla finestra. Se la protesta dovesse continuare ed estendersi, allora potrebbero riprendere forza i disegni strategici camorristici, che non hanno mai abbandonato - nonostante gli arresti e i sequestri - la speranza di controllare il comparto dei rifiuti in maniera esclusiva, così da poter continuare a gestire gli impianti e i voti da scambiare con la forza lavoro. «Stiamo monitorando la situazione da mesi - dicono negli uffici di Procura, al centro direzionale - e non siamo affatto tranquilli». Perché Chiaiano, appunto, non è stata ancora dimenticata.

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