Masseria Monti, tornano i veleni

Asi, Arpac e comitati civici uniti nell'appello a Regione eministero
16 settembre 2010 - Giuseppe Miretto
Fonte: Il Mattino Caserta

Masseria Monti MADDALONI. Oltre la solita petizione popolare per mettere in sicurezza il cimitero dei veleni. Non è più tempo di indagini scientifiche, verifiche analitiche e dati sull’inquinamento. Serve un intervento ministeriale d’autorità per l’ adozione di misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino ambientale. Una volta tanto, caso unico in Regione Campania, Arpac, Asl e comitati civici hanno unito le forze (pur nella piena distinzione dei rispettivi ruoli) per divulgare i dati e le necessarie azioni di messa in sicurezza della Masseria Monti. L’ex-cava, per un quarto di secolo, ha svolto bene la sua funzione di contenitore trappola per inquinanti che, confinati in un’area circoscritta, non hanno rappresentato un rischio di contaminazione delle aree circostanti. Un sistema efficace per tutelare le matrici ambientali (aria, acqua e suolo), cose e soprattutto le persone che vivono e operano nel triangolo tra l’ex-statale 265, Maddaloni e la periferia est di San Marco Evangelista. Ora fratturato dagli smottamenti dell’autunno scorso, il sarcofago di terra non regge più. L’area è di nuovo bersaglio delle esalazioni di benzene associato a toluene, etil-benzene e xileni ed è in pericolo per «concentrazioni puntifomi nei suoli di cadmio 100 volte superiori a quelle consentite dalla legge». Senza le necessarie coperture, è ripresa la fuga di inquinanti e la fermentazione dei materiali sepolti: attraverso le fumarole impostate sui sistema di frattura e mediante la acque delle falde freatiche superficiali. È la fine della quiescenza coatta di un sito che, in modo clandestino, ha inghiottito innumerevoli rifiuti speciali: fusti sepolti contenenti non meglio identificati solventi aromatici, batterie esauste, scarti di lavorazioni industriali. Visti i pericoli documentati, i comitati civici vogliono la verifica, giudiziaria e procedurale, delle responsabilità dei danni ambientali. Anche la Regione finisce sotto esame. Il riconoscimento ufficiale dell’avvenuto disastro ambientale non basta. E per questo, è stata sollecitato un intervento della Direzione generale per la qualità della vita presso il ministero per l’Ambiente «affinché Masseria Monti che, non ha lo status giuridico di sito di interesse nazionale, sia inserito nell’elenco delle aree da mettere in sicurezza nel progetto di bonifica del litorale domizio-flegreo». «Al presidente Stefano Caldoro invece – spiega Antonio Cuomo, presidente del Comitato per la Vivibilità - abbiamo illustrato gli inoppugnabili dati analitici raccolti su questa emergenza da Arpac e Asl. Aspettiamo un intervento sul caso». Fin qui gli inviti. Se la Regione non interverrà per mettere in sicurezza una «bomba ecologica in una cava dismessa, a contatto con l’abitato ed in piena zona commerciale», sarà chiesto un intervento di autorità del ministero dell’Ambiente (alla luce dell’ex-art. 309 del Dl 152/2006) per un accertamento procedurale, sull’omesso avvio di azioni urgenti «relative all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino ambientale». Non è la solita protesta. L’invito ad operare è stato sottoscritto da tutti i gestori degli opifici, ipermercati, cash&carry, autosaloni, aree di servizio, megastore, e negozi, distribuiti tra Caserta Sud e Maddaloni, in rappresentanza di circa mille lavoratori che vivono sull’ex-statale 265. Tutti insieme, fanno propria e amplificano, le raccomandazione dell’Arpac: «È urgente la messa in opera di nuovo terreno vegetale di copertura per la chiusura immediata delle fumarole». Ma mancano le dovute autorizzazioni. Né è stato accolta la prescrizione, sempre diramata dall’Arpac, di recintare il sito. Tutti gli atti sono corredati da una robusta documentazione analitica ufficiale. Secondo Arpac e Asl (sulla base delle indicazioni della gascromatografia e della spettrometria di massa) i gas caustici (irritanti per le mucose nasali e liberati dalle fumarole) sono formati da «idrocarburi policiclici aromatici (Ipa)». «Dei quali – come certifica sempre l’Arpac - il benzene è il più tossico». Non c’è certezza invece sull’esatta natura della sorgente inquinante e sul contenuto dei fusti sepolti. Invece, le «concentrazioni di cadmio rilavati solo nel suolo, prelevato nel perimetro di cava, sono 100 volte superiori a quelle consentite per legge».

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