Tutta Atrani in piazza a spalare nell’inferno di melma e detriti

In prima linea l'arcivescovo: "Coraggio, andiamo avanti"
11 settembre 2010 - Gigi Di Fiore
Fonte: Il Mattino

INVIATO Atrani. Notte di paura. E speranza. Notte di coraggio. Al buio, sotto i riflettori montati alle nove di sera dai primi due automezzi dei vigili del fuoco, la gente di Atrani si è data subito da fare. Non c'era tempo per urlare, né per recriminare o disperarsi. Bisognava reagire, come tante altre volte. Come nel 1987 o nell'89. O come nella tragica alluvione di un secolo fa a Cetara. La gente della costiera amalfitana è così: abituata a convivere con alluvioni, frane e dissesti. Abituata a rimboccarsi le maniche contro quelle sciagure per gettarsi a spalare colate di fango, sotto pioggia e temporali. Alle otto di sera, piazza Umberto era un ammasso di fango vomitevole e acqua. Le auto, con detriti di ogni tipo, scendevano giù come fuscelli. Nel bar «La Risacca» il titolare Lello Rispoli aveva chiuso le porte, sicuro che quella massa impetuosa non avrebbe superato lo sbarramento. Invece, il torrente Dragone, che scorre sotto la pavimentazione del corso e sbocca poco più avanti in mare attraverso il porticciolo, ha trovato ostacoli insormontabili. Alla foce, alberi e detriti finiti nell'alveo per le forti piogge. In basso, sotto il breve tunnel che collega la piazza al porticciolo, auto ferme a ripararsi. I due tappi, a monte e a valle, sono diventati micce esplosive per acqua e melma. La velocità dell'acqua ha travolto tutto. E le fragili porte del bar si sono sbriciolate. Racconta Lello Rispoli: «Mi sono aggrappato in alto, Francesca era fuggita non so dove». Chiusa l'edicola, il tabaccaio e i negozi, erano aperti bar e ristoranti. Pochi clienti in fuga. E la piazza, quando la valanga ha cominciato a placarsi, è stata subito invasa da giovani di Atrani, Scala, Amalfi. E poi donne, armate di concretezza ed energia. Tutti all'inizio a scavare con le mani. Tra loro, anche Alfredo Carrano, commercialista e nipote del sindaco. È una maschera di fango. Ricorda: «Siamo abituati a darci da fare. Spontaneamente è corsa voce, siamo usciti dalle case, attraverso le scale siamo scesi nel nostro piccolo centro a scavare. Prima con le mani, poi, quando sono arrivati i carabinieri e i vigili del fuoco, con le pale che ci hanno dato. Ognuno portava secchi da casa, per portare fuori il fango». I primi soccorsi si sono diretti al bar. C'è Francesca lì, aiutatela a uscire: è un solo grido. In trenta si gettano sotto il bar «La Risacca», dove due carcasse di auto ostacolano gli scavi. E poi i ristoranti: «La Paranza». «’A Scalinatella» e «Da Luisella». I pochi clienti sono riusciti a fuggire. La gente inizia a scavare. I riflettori illuminano la scena da inferno dantesco, mentre per motivi di sicurezza vengono bloccate le erogazioni di tutti i servizi: acqua, gas, luce. Una ventina di famiglie, con piccole valigie e buste di plastica, lasciano per precauzione le loro case intorno alla piazza.Vanno a dormire da parenti. Al sicuro. È buio, la pioggia va e viene. A ridosso del porticciolo, il fango vomita carcasse di auto e motorini di ogni dimensione e marca. E poi steli di ombrelloni, frigoriferi di gelati, tavolini. Arriva di tutto, inghiottito da una vorace massa di fanghiglia. La gente di Atrani trascorre una notte senza riposo. Nella sala Di Benedetto, sede della biblioteca comunale, viene istituito un centro di raccolta della croce rossa. Si alternano in dieci. Arrivano poco prima dell'alba bottigliette di acqua, caffè, panini. Ma, spiega Maria Rosaria Imperato, «per fortuna non c'è stato bisogno di soccorere alcun ferito». Sono soprattutto i soccorritori a chiedere acqua, un po' di caffè, panini. Arriva l'alba. La luce. Occhi insonni continuano a trasportare secchi di fango. I contorni della sciagura sono visibili per intero. Il corso Dragone ha una voragine, dove il torrente si è impennato con il fango. La pavimentazione non c'è più. La piazza Umberto è sormontata da una collinetta di fango. Tra chi scava, c'è Attilio Conforti, il titolare dell'edicola in piazza. Dice: «Tra noi è scattata subito solidarietà. Mia moglie sta spalando fango, insieme con le titolari del ristorante Da Luisella. Il fango è arrivato nei locali ad un metro di altezza». Il giorno dopo, un frigorifero di gelati e bibite scaraventato chissà da dove ostruisce le scale della chiesa. L'arcivescovo della diocesi di Amalfi e Cava, don Orazio Soricelli, cammina facendosi spazio nel fango. È colpito dalla scena. Incoraggia i soccorritori. E commenta: «Questa gente è ammirabile, abituata a vivere su un territorio così fragile, dimostra sempre tanto coraggio e voglia di andare avanti».

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