Ecco le Ronde dei Roghi, duecento incendi

19 maggio 2008 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Come in un flipper impazzito, con bottiglie incendiarie che volano sui cumuli di rifiuti, ronde di ragazzini padroni del campo e squadre di vigili del fuoco che tagliano a fette la metropoli. È la notte della guerra del fuoco contro la spazzatura che macera sotto il primo sole estivo in città. Napoli brucia duecento volte in ventiquattro ore, al centro e nell’hinterland, a pochi passi dalla questura e nelle desolate strade di provincia. Duecento roghi di «enne u», per dirla con la centrale operativa dei pompieri, che divorano solo una parte delle montagne di spazzatura che seppelliscono il capoluogo partenopeo. Napoli brucia di notte, nel primo giorno di afa dell’anno, quasi a scongiurare l’incubo di una nuova epidemia di colera. Sabato notte 84 roghi in poche ore, dalla mezzanotte all’alba, ma ne sono molti di più, se si pensa che ogni scheda aperta racchiude anche cinque incendi in una sola strada. Fiamme dolose, che ingolfano il fascicolo affidato alla Digos del vicequestore Antonio Sbordone, rabbia e malessere contro la spazzatura abbandonata al sole. È la guerra del fuoco che il «Mattino» è in grado di documentare in un viaggio notturno a bordo delle unità di emergenza del 115 guidato a Napoli dal comandante Ugo Bonessio. Pianura, Secondigliano, Casoria e Afragola, ma soprattutto il cuore di Napoli. A un segnale concordato, il branco diventa giustiziere. E si accanisce in un colpo solo contro montagne e tappeti di spazzatura, contro degrado e incapacità amministrative. Ci pensano loro: decine di ragazzi in motorino, che sembrano soldati uniti dallo stesso ordine - appicciamm ’a monezza -, che scattano armati di molotov e taniche di benzina. Lo scempio arriva alle 3,16 minuti. Manca poco all’alba, quando due roghi si arrampicano sui palazzi della city in pochi minuti e a pochi metri di distanza. In via Bracco e, un po’ più giù, in via Cervantes, angolo via San Tommaso d’Aquino. Le fiamme ingoiano il «tal quale» dell’ultima emergenza, abbassano il muro di spazzatura che ha invaso i marciapiedi e, soprattutto, rompono la paralisi, impongono interventi. In via d’Aquino brucia anche l’ingresso dell’Inps e un’auto in sosta, una Rover parcheggiata (ingenuamente) a due metri dai cassonetti della spazzatura. L’alba di fuoco non indigna nessuno. Anzi. C’è un senso di rivincita tra la gente, indifferente ai micidiali effetti della diossina nell’aria. Vista dall’alto, la città è una macchia scura con più di cento punti luce. È la risposta a puzza, topi, scarafaggi, che regala ai teppisti spalle larghe e un senso di potenza nel far schizzare pompieri e divise da una parte all’altra della metropoli. Si sentono padroni del campo, loro. È una specie di videogames dannoso e costoso. A Casoria, in via Carlo Verre, ci sono voluti 4mila litri d’acqua per spegnere un incendio. Tante molotov, tanti «interessi particolari», per riprendere l’analisi del procuratore Giovandomenico Lepore. In via del Cassano a Secondigliano - zona funestata dalla guerra Di Lauro-scissionisti - l’humus camorristico è evidente: lungo la stessa strada, almeno cinque roghi di medie proporzioni. Pasquale Albino scende in strada in pigiama, si sbraccia da lontano e attira l’attenzione: «È il mio onomastico, stavamo ancora festeggiando quando caldo, fiamme e fumo hanno invaso il mio appartamento. Mi sono affacciato e ho visto tutto: erano loro, in sella agli scooter, hanno lanciato le bombe e sono andati via. Chi c’è dietro questi roghi? Sempre gli stessi: camorra e politica». Non solo malessere, dunque. Si muovono «interessi particolari»: i rifiuti bruciati, si sa, diventano «speciali», quindi «oro» per aziende nate negli anni di infinita emergenza. Giovani, sempre loro: «moschilli», «guaglioni», «moccosielli», «creature» che «pareano» gettando bombe e che ingannano la noia del sabato notte incendiando Napoli. Nell’hinterland li vedi seduti all’esterno di sfavillanti bar e paninoteche, modello Palm Beach, con improbabili fontane e tavolini all’aperto. Luci psichedeliche e tequila bum-bum. Si godono lo spettacolo della monnezza. Brucia Napoli, brucia anche il quartiere simbolo della rivolta antimonnezza. Pianura, prima e ultima tappa del viaggio nella guerra del fuoco: il quartiere della discarica mancata è un tappeto di poltiglia in fiamme, di rifiuti vomitati dal centro. Passano due ragazzi in sella alla moto: «Qua stiamo come a gennaio. Dobbiamo fare le stesse cose di gennaio».

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