Differenziata a rilento e casse vuote così ritorna l’incubo dell’emergenza
Grana Consorzi: centinaia di lavoratori in esubero.
È stato varato il 30 dicembre 2009 il decreto 195, poi convertito in legge. Il titolo è molto chiaro: «Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania». Per lo Stato italiano da allora l’emergenza rifiuti almeno amministrativamente non c’è più. Quel decreto poi divenuto legge ha messo in campo una serie di prescrizioni per fare sì l’emergenza non torni più. Cosa è stato fatto da quel giorno? E cosa bisogna fare ancora? Le società provinciali. Purtroppo le risposte al primo interrogativo sono poche, pochissime, al secondo invece tante, troppe. Cominciamo dunque dal cosa è stato fatto. A questa voce va ricondotta, per esempio, la costituzione delle società provinciali alle quale è stata affidato l’intero ciclo dei rifiuti. Nel caso di Napoli la «Sapna». Scatole da riempire visto che ci sono gli operatori ma non i mezzi per operare. Con la stravaganza tutta campana di pagare migliaia di stipendi a vuoto. Di quali impianti si tratta? Per esempio quelli di compostaggio. Nel decreto se ne fa menzione: «Nelle more del completamento degli impianti di compostaggio nella regione Campania, fino al 31 dicembre 2010, gli impianti di compostaggio in esercizio sul territorio nazionale possono aumentare la propria autorizzata capacità ricettiva e di trattamento sino all’8 per cento». I costi della gestione. La Tarsu, la Tassa sui rifiuti solidi urbani, passerà dal primo gennaio dai comuni alle province. Perché? È chiarito sempre nella legge: «I costi dell’intero ciclo di gestione dei rifiuti, di competenza delle amministrazioni territoriali, trovano integrale copertura economica nell’imposizione dei relativi oneri a carico dell’utenza. Per fronteggiare i relativi oneri finanziari, le Società provinciali agiscono sul territorio anche quali soggetti esattori della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Le dette Società attivano adeguate azioni di recupero degli importi evasi». Dunque le società devono recuperare gli «importi evasi» più o meno il 40 per cento. I nuovi termovalorizzatori. Dalla questione amministrativa ancora a quella tecnica, gli impianti sono dirimenti. Nel piano si fa esplicitamente riferimento ai termovalorizzatori di Salerno e soprattutto Napoli quali strumenti per eliminare alla base il problema dello smaltimento rifiuti. Unitamente, si sa, alla raccolta differenziata. Nessuno dei due impianti esiste ancora. Anzi il ritardo accumulato fa disperare che a breve ci possa essere almeno la gara d’appalto. In questo ambito non può non essere segnalato la stato delle discariche. Ormai allo stremo, alcune già dovevano essere chiuse, si lavora invece a un ulteriore allargamento in attesa che decollino appunto gli impianti di trattamento dei rifiuti. Per quanto riguarda quella di Chiaiano ancora un anno e sarà colma. Basteranno 12 mesi per costruire il termovalorizzatore a Napoli est? La grana consorzi. Infine si fa per dire c’è la grana consorzi. Ci sono 424 esuberi rispetto al mare di assunzioni fatte nell’età dell’oro dell’emergenza. Chi li paga? Che fine devono fare? Ecco perché le province e la Regione chiedono la proroga: «Il piano regionale è il piano dello smaltimento rifiuti solidi urbani che a sua volta deve essere accompagnato da un riordino normativo e adeguato al codice per l’ambiente. Questa decisione è troppo importante per essere frettolosamente risolta in questi mesi» il punto di vista dei due enti.