Ecco «pattumiera Campania» la miniera d’oro per le cosche
Affari e inquinamento
Sono 75 le organizzazioni criminali in Campania interessate, a vario titolo, alla gestione dello smaltimento dei rifiuti secondo l'ultimo rapporto di Legambiente. E sono decine le inchieste avviate dalla Procura tra Napoli, Caserta, Salerno e Avellino per fermare l'ondata di illegalità riversata per anni su questo settore. Per lungo tempo, infatti, quello dei rifiuti è stato un affare milionario, gestito dalla camorra con complicità varie a livello amministrativo o imprenditoriale, e sotto silenzi complici o indifferenti. Poi l'affare è venuto alla luce in tutta la sua gravità, quella dei rifiuti è diventata un'emergenza drammatica e difficile da affrontare. Agghiacciante la scoperta: vent'anni di veleni nelle terre che confinano o fanno parte della provincia casertana. Scafarea, Tre Ponti, Taverna del Re, e terreni di Giugliano, Parete, Villaricca, Qualiano, Villa Literno. Eccole le terre avvelenate. Il disastro ambientale potrebbe raggiungere il picco fra cinquant'anni o poco più. Entro il 2064, secondo le perizie finite agli atti delle indagini, il succo avvelenato, tecnicamente percolato, di 341 mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi (a cominciare dai fanghi dell'Acna di Cengio), di 160 mila e 500 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, di 305 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani, precipiterà nella falda acquifera e contaminerà decine di chilometri quadrati di terreno e tutto ciò che lo abiterà: uomini, animali, vegetazione. La camorra, soprattutto quella casalese, ha monopolizzato il business illecito: riusciva a procurarsi perizie e documenti ad hoc che attestavano l'idoneità di cave e siti disseminati tra la provincia di Napoli e il Casertano allo sversamento di rifiuti particolari. E' Gaetano Vassallo l'uomo chiave di questi filoni di inchiesta. Prima di collaborare con la giustizia, era stato l'uomo "d'oro" del boss Francesco Bidognetti, l'imprenditore che per primo intuì come fare della spazzatura uno strumento per far soldi. Scarti e rifiuti venivano seppelliti in discariche abusive e terreni vergini, poi si copriva tutto e magari si coltivava anche, senza pensare alle conseguenze. Più di recente sono finite sotto la lente della magistratura le vicende del Consorzio unico di bacino delle province di Napoli e Caserta che nella primavera scorsa cominciò ad essere nell'occhio del ciclone per l'agitazione dei dipendenti. Falso, truffa ai danni dell'ente e dei Comuni e turbativa d'asta le ipotesi di reato. Il sospetto di sprechi e indagini della Digos. E poi ancora una nuova inchiesta: l'ombra della lobby della P3 sulla scellerata gestione della raccolta e lo smaltimento dei rifiuti tra Napoli e Caserta e occhi puntati sul vecchio bacino Ce4.