Rifiuti, appello choc dei lavoratori "Camorra aiutaci"

Dai dipendenti di consorzio di bacino lettara aperta ai clan: ecco le nostre richieste
3 settembre 2010 - Luigi Raano
Fonte: Il Mattino

Lettera aperta alla Camorra Provocazione o no ancora una volta il pianeta rifiuti fa rima con Gomorra. E il refrain è cantato sempre dagli stesi protagonisti: i lavoratori dei consorzi di bacino. Un anno fa - il 28 settembre - inneggiavano in piazza Plebiscito i clan con uno striscione choc che recitava a caratteri cubitali questa frase: «W Casalesi». Fece il giro del mondo suscitando in verità l’indignazione di pochi dalle nostre parti. Un anno dopo, nella stessa piazza gli stessi operatori lanciano un Sos alla camorra. Non esattamente un buon viatico per chiedere alle istituzioni il legittimo pagamento degli stipendi e una sistemazione certa. Il corteo è partito da piazza Bovio dove c’è la sede del Pdl. In quel momento presente c’era Luigi Cesaro, il presidente della Provincia. Il corteo si è snodato lungo via Partenope ed è finito appunto in piazza Plebiscito. Con conseguenze pesanti sulla circolazione. Il tema però non è il traffico, ma piuttosto il continuo richiamo alla camorra immaginata come soluzione al problema lavoro. Questa volta non con uno striscione ma con una lettera: «Se lo dice Saviano e la stampa, allora la camorra nei rifiuti deve essere un fatto vero» l’incipit della missiva: «Ci rivolgiamo a voi - riporta la lettera - noi, che, seppur indirettamente, stiamo lavorando per voi...» e poi seguono tredici istanze che vanno dalla richiesta «a non essere impiegati nelle discariche di rifiuti tossici» alla lista dei politici «che vi sono amici» per un «avanzamento di carriera o un aumento dello stipendio» e alla richiesta di potere «prendere parte a qualche summit...», previo «silenzio, solo foto di spalle e con la rassicurazione di allietarlo con caffè e dolci offerti a loro spese». La missiva si conclude con la scritta «mafiosamente vostri per sempre. I lavoratori dei consorzi di Bacino della Regione Campania». La lettera va ben oltre la provocazione. Soprattutto se si considera che l’intera gestione dei rifiuti è oggetto di un processo che ha messo sotto accusa l’intera classe dirigente e ha come principale obiettivo svelare i rapporti tra camorristi, affari e politica. E tra i protagonisti ci sono proprio i consorzi di bacino che - come dimostra la storia, sono nati nel 1993 - hanno provocato una voragine nei conti dell’emergenza rifiuti e sono stati la camera di compensazione tra camorra e politica. Solo un caso, per esempio, che hanno assorbito pregiudicati e intere famiglie di malavitosi? Prima tra tutte quella sui rapporti tra il Ce4, i fratelli Orsi e i casalesi? Nel ’93 i consorzi nascono come società tra i comuni per la raccolta dei rifiuti. Se ne formano diciotto e assumono 2400 dipendenti che dovrebbero essere addetti alla differenziata. Con l’andare del tempo, però, i compiti si moltiplicano e i dipendenti pure. Ancora oggi nessuno sa con precisione quanti siano. Diecimila? Dodicimila? Addirittura c’è che chi sostiene che nei meandri della crisi si è arrivati a 20mila. Posti di lavoro gestiti anche dalla camorra e che fanno rima con voti. Strutture provvisorie che in barba alla leggi hanno assunto migliaia di lavoratori che oggi battono cassa. Il debito accumulato a vario titolo da tutti gli enti che si confrontano ancora oggi con la questione rifiuti oscilla tra i 700 milioni al miliardo e duecento. In buona parte maturato nelle tante emergenze servite anche per rimpinguare le falangi dei bacini. Lavoratori fantasma spesso fermi per anni, basta pensare al flop della differenziata a Napoli.

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