Dopo i controlli l’Asìa ripulisce: «Ma è una battaglia persa»
"Senza controlli è tutto inutile"
Succede sempre così, i bambini sono i primi ad arrivare: sono meno diffidenti, non hanno paura delle divise e dei lampeggianti. Si muovono in fila come formichine, si arrampicano, sorridendo, sulle montagnelle di rifiuti, scrutano gli estranei per qualche minuto. Poi si avvicinano e cominciano a fare domande sfoderando sorrisi dolci ai quali bisogna rispondere per forza, anche se spostare dal volto la mascherina significa infilare nei polmoni respiri di aria marcia, fetida, ripugnante. Dopo i bambini sbucano mamme con passeggini. Gli uomini sfilano solo dentro auto di lusso e minibus carichi di roba e persone. Cupa Perillo, campo rom con discarica annessa. Quella che il domenicano padre Pizzuti ha denunciato al nostro giornale dieci giorni fa chiedendo un intervento dell’Asìa. Proprio in seguito a quella denuncia s’è innescato un circolo virtuoso che ha portato a un primo intervento iniziato ieri e previsto in conclusione oggi. «Ma è una battaglia perduta in partenza», dicono i dipendenti dell’Asìa che non possono rilasciare dichiarazioni e accettano di parlare solo in anonimato. «Stiamo ripulendo, lasceremo questo luogo solo quando sarà lindo, ma già sappiamo che entro una settimana tornerà ad essere una discarica». Di chi è la colpa? Stavolta tacciono tutti perché la colpa va condivisa tra i napoletani beceri che lasciano qui residui di lavori edili e sacchetti di immondizia domestica, e i rom del campo confinante che contribuiscono ad alimentare le montagne di schifezza: «No, noi non c’entriamo - si difendono le donne con i passeggini - sono gli altri che arrivano qui, soprattutto di sera, scaricano i loro camion e scappano via». Quella di cupa Perillo è diventata una sfida per l’Asìa che è decisa a mantenere pulito il tratto di strada ad ogni costo, anche con il contributo delle forze dell’ordine con le quali si è innescato un rapporto di collaborazione dal quale dovrebbero scaturire nuove modalità di prevenzione, dal controllo con telecamere agli appostamenti per cogliere sul fatto i delinquenti del pattume. Le difficoltà maggiori per la pulizia di quel luogo sono due. Da un lato il materiale incendiato, dall’altro quello pericoloso. In mezzo all’immondizia, infatti, ci sono grossi cumuli incatramati di nerofumo e ridotti in cenere per metà. Quel materiale non può essere semplicemente portato in discarica ma deve essere vagliato e trattato in maniera speciale. Tra i rifiuti edili, poi, spuntano molti residui che, a prima vista, sembrano pericolosi: si tratta di lastre che potrebbero contenere materiale velenoso. Prima di raccoglierle sarà necessario sottoporle ad analisi specifiche per valutarne il grado di pericolosità.