Foce del Sarno, beffa contro i veleni: un tesoro di biodiversità

Il gioco delle correnti allontana ogni pericolo per pesci e vegetali
17 agosto 2010
Fonte: Il Mattino

Foce del Sarno Vico Equense. Uno straordinario paradiso sommerso, che ospita un concentrato di pesci, il famoso corallo rosso del Mediterraneo, spugne e gorgonie, a pochi chilometri dalla foce di un fiume che soffre per la presenza di veleni sversati da concerie e insediamenti industriali. Questo miracolo della natura si chiama Banco di Santa Croce e si trova alle porte della famosa costiera sorrentina. «Si tratta di una miniera di biodiversità - spiega Valerio Zupo, ricercatore della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli - stranamente collocata vicino ad una delle aree più inquinate d'Europa, la foce del fiume Sarno in Campania, ricca di nutrienti organici ma anche di fanghi tossici, nonostante i tentativi di ripristino dell'equilibrio ecologico». Come avviene il miracolo? «Grazie ad una particolarissima combinazione di correnti, - afferma l'esperto - la maggior parte degli inquinanti precipita alla foce, mentre quella che galleggia viene spinta al largo. A rimanere sono i nutrienti organici, che innescano la rete trofica locale e danno nutrimento a forme di vita: fra pesci e piante, abbiamo classificato poco meno di duemila specie». La sua «fortuna» è che non è visibile dall'esterno, anche se i pescatori locali la conoscono bene. «In dialetto - precisa Zupo - il Banco veniva chiamato «caurarusso», che significa «calderone», una specie di grosso pentolone: all'esterno infatti è costituito da una serie di guglie rocciose, disposte in circolo, con al centro una depressione di oltre 40 metri, mentre la guglia più alta è a 11 metri di profondità: per questo non si vede dall'esterno». Dalla sfolgorante gorgonia rossa, la «Paramunicea Clavata», fino al «Corallium Rubrum», il corallo rosso già raro nell'intero Mediterraneo, fino al falso corallo nero, «Gerardia Savaglia», sono queste alcune delle forme di vita che popolano questo specchio d'acqua. «Il Banco di Santa Croce - precisa Zupo - è ancora ricco di filtratori, cioè microrganismi che filtrano l'acqua, come le gorgonie, soprattutto di specie Eunicella, di vari colori. Poi si trovano spugne incrostanti di colore marrone e che prendono la forma della roccia». Secondo una simulazione al computer di qualche anno fa, la produzione di pesce in zona è simile a quella di un impianto di acquacoltura molto efficiente. Su proposta dell'associazione Marevivo, l'area è già da tempo zona di tutela biologica e quindi è vietata, nel raggio di 300 metri, qualsiasi attività di pesca, sia professionale sia sportiva. Con la cessione del demanio marittimo alle Provincie e quindi ai comuni interessati, «Marevivo - spiega Rosalba Giugni, presidente dell'associazione - in collaborazione con il comune di Vico Equense, vuole istituire un'oasi per tutelare e monitorare l'area del Banco di Santa Croce. L'idea è quella di effettuare tutte le operazioni di tutela e monitoraggio con la divisione sub dell'associazione, in collaborazione con la Protezione Civile e i gruppi di volontari locali, ma anche tramite l'uso di telecamere webcam, per controllare infrazioni ai divieti». Secondo Zupo infatti «una maggiore azione di controllo sarebbe utile per preservare quello che c'è ancora». Purtroppo la zona subisce anche qualche danno causato dall'aumento delle temperature del Mediterraneo,con una moria di microrganismi e l'arrivo di mucillagini.

Powered by PhPeace 2.6.4