Attentato alla salute, ma il processo è a rischio prescrizione
Un danno permanente, l’invalidità della Campania Felix documentata da una perizia e da decine di faldoni di atti giudiziari. E raccontata quasi in presa diretta da chi quel disastro ha provocato: almeno a partire dal 1985 e per i vent’anni successivi, quando discariche illegali chiuse in attesa della bonifica furono riaperte per tamponare l’emergenza. Ma per quel disastro, alla fine, non pagherà nessuno. Il rischio è elevatissimo, la prescrizione è alle porte. Il reato di disastro ambientale doloso, infatti, oltre a essere difficilmente documentale in fase dibattimentale, gode anche di un trattamento sanzionatorio inadeguato al reale danno provocato alla collettività. La pena prevista dal codice penale arriva fino a un massimo di 12 anni, qualora il disastro è già avvenuto. Il termine per la prescrizione, in questo caso, è di 15 anni. Ciò vuol dire che allo stato sfuggiranno alla sanzione penale tutte le attività di discarica illegale svolte fino al 1995. Cioè, una parte considerevole dell’attività svolta da Cipriano Chianese e Gaetano Vassallo (e da lui ammessa) a Scafarea, Tre Ponti, Taverna del Re. È quella l’area maggiormente compromessa dai metalli pesanti e dalle sostanze cancerogene contenute nei fusti di rifiuti industriali altamente inquinanti sversati illegalmente nel terreno, mischiati a rifiuti solidi urbani ammassati «tal quale», senza alcun trattamento e senza incanalamento del percolato. La battaglia giudiziaria riguarderà anche l’ipotesi di disastro colposo, esclusa dalla Dda di Napoli ma non dalla difesa degli imputati. Chianese, infatti, sostiene di aver svolto l’attività di smaltimento dei rifiuti in ossequio a tutte le autorizzazioni previste dalla legge. tesi smentita dalla perizia di Giovanni Balestri. Nell’eventualità del disastro colposo, il reato sarebbe già sostanzialmente prescritto ad eccezione dello smaltimento effettuato durante l’emergenza. L’inadeguatezza del sistema penale in materia ambientale è stata più volte segnalata in sede legislativa, nonostante i richiami dell’Unione europea (l’ultima direttiva è del 2008 e fissa il termine del 12 dicembre del 2010 per l’adeguamento della norma) ai governi dei paesi membri. In Italia, per esempio, la maggior parte delle sanzioni per reati contro l’ambiente sono di natura contravvenzionale. C’è, inoltre, il problema della prescrizione in 4 anni, a fronte della durata media delle indagini di 1,5 anni. Ma poi bisogna calcolare i tempi dei procedimenti in aula. Il risultato è che la maggior parte dei reati ambientali contravvenzionali va in prescrizione già al primo grado di giudizio.