Fumarole, gli agricoltori chiedono controlli
Maddaloni. Gli agricoltori si ribellano. Anche perché la «cava dei veleni sepolti e dimenticati», i veleni sversati illegalmente, sfiora l'ex-statale 265 con i suoi opifici, ipermercati, cash&carry, autosaloni, aree di servizio, megastore e negozi. Tra Caserta Sud e Maddaloni vivono e lavorano quotidianamente quasi mille persone. Poi lambisce, la periferia ovest di San Marco Evangelista ed è confinata, ad ovest, dalla variante Anas Capua-Maddaloni. In questo perimetro, tutti (persone, animali e cose) sono bersaglio potenziale delle esalazioni di vapori di benzene o delle concentrazioni anomale di cadmio nei suoli. «Ma come al solito - dice Lino Martone segretario provinciale di Altra Agricoltura - il costo di una simile aggressione ambientale viene scaricato sugli agricoltori». Ora, con la divulgazione ai comitati civici dei dati dei rilevamenti effettuati dall'Arpac, ritorna una polemica mai sopita. Lo scorso novembre, come appena i fusti contenenti rifiuti, sepolti nella Masseria Monti, hanno ricominciato a fumare (benzene, etil-benzene, toluene e xileni), si è concretizzata l'urgenza scientifica (avanzata dall'Arpac e dal Dipartimento di prevenzione dell'Asl distretto 13) di una verifica del grado di contaminazione sui terreni agricoli. Un'azione di prevenzione integrale (aria, acqua e suolo) da estendere ai pozzi irrigui circostanti e quindi alle falde acquifere. Tradotto significa che i raccolti agricoli, entro un raggio di oltre un chilometro, sono a rischio potenziale. Esperti contro esperti: sul caso Masseria Monti, gli imprenditori zootecnici e degli agricoltori presentano un «contro-studio scientifico» sui rischi idrogeologici redatto dall'Università Federico II. «Condividiamo - dice Martone - il rischio benzene. È oggettivamente rilevato, nel perimetro di cava, il rischio cadmio. Ma non esiste alcuna contaminazione certificata delle falde». Sarebbe la «scarsa conoscenza dei principi elementari di idrogeologia» ad alimentare l'allarme. Secondo Franco Ortolani, ordinario di geologia alla Federico II, vanno «monitorate le falde basse non quelle superficiali, la cui dinamica è collegata alla geometria dei corpi geologi profondi, prima di poter certificare l'avvenuta contaminazione». Va poi «studiato l'emungimento in 50 pozzi» per ottenere un dato statistico significativo. «Sì ai controlli - ribadisce Martone - purché siano svolti secondo questi criteri scientificamente significativi». La vicenda ha anche una ricaduta economica. Gli agricoltori maddalonesi si considerano parte lesa. «È lo Stato - spiega Giuseppe Riccio, allevatore ed ex-presidente dell'Osservatorio provinciale per l'ordine pubblico e la sicurezza - che deve monitorare le risorse idriche. La legge 152 affida proprio la tutela delle acque agli enti pubblici. Non accada a Maddaloni, quanto sta succedendo a Giugliano dove è stato chiesto agli agricoltori, addirittura a loro spese, di condurre indagini e certificare la qualità delle acque che vengono usate per l'attività irrigua. Sarebbe un atto che non avrebbe nessuna legittimazione giuridica e nessuna attendibilità scientifica. Al controllato vengono affidati gli oneri e le responsabilità proprie dei controllori».