Rifiuti smaltiti nei cementifici, ecco il piano anticrisi
Si lavora senza sosta per risolvere definitivamente l’emergenza rifiuti e, tra le ipotesi al vaglio, figura quella di utilizzare il Cdr quale combustibile alternativo nei cementifici. La situazione, infatti, resta critica: secondo il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso «tra poco più di otto mesi le discariche esistenti in Campania saranno esaurite e, se non ne saranno costruite altre, l’emergenza sarà inevitabile». Nella regione si producono 7mila tonnellate di rifiuti che dovranno finire in discarica o al termovalorizzatore di Acerra, almeno finché non saranno attivi i due impianti di Napoli e Caserta. In questo quadro drammatico, le difficoltà maggiori si registrano a Napoli e a Caserta. Il sito di San Tammaro, poi, rischia lo stop nel giro di 20 giorni: la sua capacità residua è di circa 500 giorni, ma solo se si aprirà il terzo lotto, i cui lavori non sono partiti. Per Bertolaso serve una soluzione in tempi rapidi, altrimenti i cumuli di immondizie torneranno a invadere le strade. Tra le ipotesi più significative figura appunto quella che coinvolge l’impianto Cementir di Maddaloni. La potenzialità di utilizzo di Cdr nel forno del cementificio è tra le 30 e le 40mila tonnellate all’anno, che rappresentano il 25-30% della produzione attuale di frazione secca dello Stir di Santa Maria Capua Vetere, cioè dell’intera provincia di Caserta. La strada è percorribile? Gli esperti ne sono convinti. L’impiego di Cdr nello stabilimento comporterebbe, infatti, solo la modifica del bruciatore del forno e la realizzazione di un impianto di ricezione di tale combustibile. Non sarebbe viceversa previsto - ecco una delle novità rilevanti - alcuno stoccaggio del Cdr in cementeria: il sistema funzionerebbe attraverso stazioni di ricevimento costituite da due «cuffie» chiuse a cui verrebbero collegati i semirimorchi che trasportano il Cdr. Tali modifiche, inoltre, non altererebbero l’impatto visivo dello stabilimento poiché non è prevista l’installazione di altri forni e camini. L’intervento appare praticabile anche dal punto di vista della sicurezza: come dimostra la letteratura specializzata, il ciclo produttivo del cemento non genera rifiuti, controlla rigorosamente le proprie emissioni atmosferiche, non usa e non inquina le acque e distrugge o ingloba, senza pericoli di rilascio, gli inquinanti eventualmente presenti nei rifiuti da smaltire. Gli studiosi, insomma, non hanno dubbi: il Cdr utilizzato in co-combustione in cementifici offre molteplici vantaggi ambientali ed energetici come, ad esempio, una gestione integrata del ciclo dei rifiuti ecosostenibile, il risparmio di fonti energetiche non rinnovabili e il minore ricorso ad altri impianti che producono emissioni aggiuntive: in primis le discariche (anidride carbonica e metano con un potenziale effetto serra 21 volte maggiore), ma anche gli inceneritori e i termovalorizzatori (camini industriali). Quanto alla provenienza del Cdr da utilizzare nel cementificio, è tecnicamente possibile produrlo nello Stir di Santa Maria Capua Vetere, come emerge dalla proposta di piano provinciale di gestione dei rifiuti elaborata dalla Facoltà di Scienze Ambientali della Seconda Università di Napoli per conto e su richiesta della Provincia di Caserta. Occorre però prevedere, all’interno del documento, la possibilità di fare ricorso alla co-combustione nei cementifici, accanto alla termovalorizzazione in impianti ad hoc. L’intero processo, e le iniziative da adottare, dovranno essere al centro dei lavori del tavolo tecnico regionale, a cui spetterà anche il compito di comunicare ai cittadini i vantaggi dell’operazione.