Il cimitero dei veleni di Masseria Monti L'Arpac: gas caustici dalle fumarole
MADDALONI. L'Arpac, accogliendo al richiesta di informazione e sicurezza del Comitato per la Vivibilità, divulga i dati del check-up completo del grado di contaminazione della Masseria Monti: ex-sito di stoccaggio clandestino di rifiuti speciali posto sotto sequestro e ancora in pieno fermento collocato tra l'ex-statale 265, la variante Anas Maddaloni-Capua e San Marco Evangelista. Da oggi, diventano pubblici: il rilevamento sull'estensione e la natura degli inquinanti contenuti nell'ex-cava e i dati sul grado di contaminazione dei luoghi. Appena otto mesi fa, su richiesta dei comitati, il ministero aveva censurato il comportamento del Comune, chiedendo chiarimenti urgenti. Un anno e mezzo fa, sempre il ministero dell'Ambiente aveva minacciato «procedure di intervento statale». Largo ai numeri. Il sito non è più solo un «cimitero dei veleni»: un contenitore confinato di inquinanti intrappolati in un'area circoscritta. Colpa delle fumarole, apertesi nelle fratture del sarcofago di terra, che immettono in atmosfera benzene associato a idrocarburi policlinici aromatici (Ipa). Le indicazioni di gascromatografia e spettrometria di massa hanno rilevato che i gas caustici (irritanti per le mucose nasali) sono formati da Ipa, «dei quali - come certifica l'Arpac - il benzene è il più tossico». Ed è anche quello più abbondante (oltre 90 per cento), associato a «toluene, etil-benzene e xileni». Non c'è certezza invece sull'esatta natura della sorgente inquinante e sul contenuto dei fusti sepolti. Di questi, si conoscono la profondità, la consistenza e l'estensione areale sulla scorta delle prospezioni geofisiche (magnetometria e sismografia) eseguite dall'Istituto nazionale di geofisica di Roma nel lontano 1996. Allora fu individuata pure la sagoma di un camion sepolto. Ma mancano indicazioni certe però sull'evoluzione e sul degrado delle masse sepolte. Si ipotizza che la rottura, parziale o totale dei contenitori, e gli inquinanti mescolati nei terreni di copertura possano innescare reazioni esotermiche che generano le esalazioni. «Anche per questi motivi - commenta Antonio Cuomo, presidente del comitato per la Vivibilità - bisogna andare oltre la solita fase di puro rilevamento. Il lavoro dell'Arpac va approfondito. Le sorgenti inquinanti vanno riesumate. E tutta l'area deve necessariamente essere inserita nel grande progetto di bonifica del litorale domizio-flegreo». Più delle opinioni contano ancora i numeri. Prima di inghiottire veleni di tutti i tipi, Masseria Monti era discarica autorizzata per batterie esauste. Stoccaggio oggi vieto per legge. E non a caso si rilevano nei perimetro di cava «concentrazioni di cadmio 100 volte superiori a quelle consentite per legge». Sempre l'Arpac, in collaborazione con l'Asl, ha poi avviato una campagna di campionamento areale dei suoli, oltre il perimetro di cava. E finalmente i dati sono in controtendenza. «La riduzione delle concentrazioni dei metalli pesanti nei terreni circostanti - annuncia Antonio Cuomo - è confortante. I valori rientrano negli standard normativi». Tanto che l'Arpac ha raccomandato «interventi immediati di confinamento e messa in sicurezza del sito»: rifacimento urgente delle coperture per chiudere le fumarole e poi confinare in profondità i metalli pesanti. Arpac e Asl infine hanno poi sollevato il problema della contaminazione potenziale delle falde acquifere. Urge un controllo sui pozzi circostanti e sugli effetti dell'attività irrigua e le ipotetiche ricadute sull'agricoltura.