"Indagate sull'amianto sommerso"
Ex Isochimica, torna a galla l’amianto. Quello interrato è ad otto metri e a 35 dalla falda acquifera. L’ha detto e ribadito Francesco Barbieri, il direttore dei lavori di bonifica dell’area per conto della Eurokomet. Questione di metri, ma soprattutto di rischi e di pericolosità per la salute pubblica. Non bastano certo le rassicurazioni di Barbieri, tantomeno la profondità e la distanza dichiarata dalla falda, a Giovanni Maraia, esponente storico della sinistra irpina e leader di «Ariano in movimento», che ha inviato un esposto alla Procura della Repubblica di Avellino per invitarla a verificare come stanno effettivamente le cose. E le cose, almeno come si sa oggi, starebbero nei seguenti termini: l’amianto interrato si troverebbe a una profondità di circa otto metri, secondo un’analisi condotta dall’Università di Napoli. «L’amianto pericoloso è stato rimosso, quello tombato può rimanere dove sta, non presenta rischi per nessuno, tantomeno per la falda acquifera che dista circa 35 metri», ha ribadito il direttore dei lavori dell’Eurokomet circa un mese fa al nostro giornale. «In virtù di questa dichiarazione - afferma oggi Maraia - il direttore Francesco Barbieri perviene alla conclusione che l’amianto interrato non deve essere più rimosso perchè non è a contatto con la falda acquifera». Se le cose stanno effettivamente così, però, dovrebbe - per Maraia - essere la magistratura a stabilirlo per dissipare ogni dubbio. «Chiedo pertanto - prosegue l’esponente di Ariano in movimento - di accertare se la falda acquifera è contaminata da amianto e se vi è la certezza scientifica che l’amianto interrato nell’area dell’Isochimica non entrerà mai a contatto con la falda acquifera e con altre acque sotterranee». Prima di Maraia era stato il Tribunale del Malato a intervenire per chiedere chiarimenti su due aspetti legati al problema-amianto dell’ex Isochimica: la bonifica dello stabilimento di Pianodardine e il monitoraggio sullo stato di salute degli operai che hanno avuto a che fare con l’amianto, compresi i nuclei familiari residenti nei pressi dell’area dell’impianto. Sui problemi della messa in sicurezza e i rischi ambientali s’innesta anche l’aspetto legato al completamento dell’opera di bonifica e all’ulteriore rimborso di due milioni di euro per la ditta che deve procedere alla totale rimozione dell’amianto, per smaltirne una maggiore quantità rinvenuta. Un braccio di ferro, contratto alla mano, sul quale probabilmente sarà un giudice a dire l’ultima parola.