L’uomo che inventò le ecomafie nell’inchiesta su camorra e rifiuti

Cipriano Chianese, avvocato sulla breccia da oltre vent'anni
toghe divise tra i suoi amici
24 luglio 2010 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino

Napoli, zona Vomero, più di venti anni fa. Alla cena, appuntamento conviviale che si ripeteva da tempo, si incrociarono divise, stellette, toghe, qualche imprenditore di apparentemente selezionata osservanza istituzionale, un paio di uomini dei servizi, un paio di folcloristici massoni. C’era anche lui, Cipriano Chianese, avvocato di Parete, un piede nei Palazzi di giustizia, l’altro negli affari. «Sapete - raccontava ai commensali - con i rifiuti si possono fare soldi, tantissimi soldi. C’è certa gente del Nord che bussa alle porte della Campania, noi saremo i soliti sciocchi e ci faremo scippare pure questa occasione». Qualcuno stava a sentire dubbioso, qualche altro assentiva con interesse, qualche altro raccontò della cena cercando di sapere chi fosse, in realtà, quell’avvocato. Il traffico dei rifiuti non era stato ancora inventato. Cioè, fu inventato quella sera, cena di battesimo dell’affare ecomafie. Il volto ambiguo di Cipriano Chianese si conobbe qualche anno dopo, per la precisione a marzo del 1993. Ma il processo Adelphi, nel quale comparvero le stesse figure che si videro alla conviviale al Vomero con l’integrazione di noti uomini della camorra casalese e di qualche politico compiacente, finì male, cancellato dalle prescrizioni intervenute tra il primo e il secondo grado. Quel materiale conoscitivo viene recuperato per intero anni dopo, con l’aggiunta delle conoscenze fornite dal pentito Dario De Simone, dal pm antimafia Alessandro Milita. Ne fa oggetto di una nuova indagine, che si traduce in una ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione camorristica e, poco dopo, in un decreto di sequestro dei beni: un impero immobiliare, commerciale e aziendale. È il 4 gennaio del 2006 quando Cipriano Chianese viene arrestato per ordine del gip Umberto Antico. Il titolare della Setri - società che gestiva discariche e autorizzazioni per il trasporto di rifiuti industriali provenienti anche dall’estero - negli anni Novanta, della Resit per i quindici anni successivi, nel provvedimento viene dipinto come una sorta di convitato di pietra in ogni affare in cui compaiono i rifiuti: da smaltire o da trasformare in compost. L’indagine di Milita delinea l’inquietante scenario dei rapporti trasversali dell’avvocato: dai camorristi del clan dei Casalesi a Licio Gelli, da magistrati ad agenti del Sisde, alti ufficiali dei carabinieri, finanzieri. Aspettando il processo, arriva il pentimento di Gaetano Vassallo che Chianese ha ben conosciuto e con il quale ha condiviso la sistematica opera di avvelenamento dei territori a sud di Napoli. L’avvocato diventa il protagonista di un’altra inchiesta, anche questa affidata al pm napoletano Alessandro Milita. Viene nuovamente arrestato agli inizi del 2010, l’11 gennaio, quando i carabinieri del Ros di Roma gli notificano un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari firmata dal gip Raffaele Piccirillo, provvedimento restrittivo nel quale gli viene contestata l’accusa di estorsione in danno del Commissariato di governo per l’emergenza rifiuti, all’epoca dei fatti - tra il 2001 e il 2003 - rappresentato da Giulio Facchi. Negli atti, le squadrette di carabinieri eterodiretti, al servizio dell’avvocato, pronti a intervenire a suo sostegno ogni volta che Facchi ritarda un pagamento o nega un’autorizzazione. Cipriano Chianese è ancora agli arresti domiciliari, l’ultimo rigetto della richiesta di scarcerazione è di appena dieci giorni fa.

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