Discariche e rottami così sulla collina sta morendo il bosco
«Guarda con attenzione il tronco. Lo vedi? Quello è il cancro dei castagni». Gli uomini del corpo Forestale sono giovani, fieri della divisa che indossano, e attoniti di fronte a quello spettacolo. Darsi «del tu» viene naturale tra le spine dei rovi che aggrediscono il sottobosco e s’infilano nella carne: quando si condividono stanchezza, sudore e graffi ci si sente affratellati. Parco dei Camaldoli, mattinata torrida. Nelle zone vicine ai cancelli ci sono pulizia e attenzione: arrivano anziani che cercano fresco, e bimbi che si divertono sui giochini nelle aree attrezzate. Se ci si fermasse a quelle aree sembrerebbe di essere in Svizzera: bello, troppo bello per essere vero. E infatti non è vero. Del milione e trecentomila metri quadri di area verde, solo un centinaio è curato con attenzione e vigilato. Il resto, la parte vera del parco dei Camaldoli, è un incubo. Immondizia qua e là, mucchietti di detriti. Dietro uno scorcio paradisiaco spunta una immensa discarica. E poi auto smontate e bruciate, frigoriferi nascosti tra i cespugli; in una zona centrale del parco, difficile da raggiungere, fa capolino anche un vecchio monitor da computer: mica deve essere stato facile trasportarlo fin lì? Gli uomini della stazione di Napoli del corpo forestale, al comando di Roberto Mottola, sono intervenuti a più riprese. Hanno denunciato, sequestrato, chiesto interventi di pulizia: «Ma qui è una battaglia perduta. L’area è immensa. Per ogni disastro che scopriamo, almeno altri si nascondono in mezzo ai cespugli». Il parco dei Camaldoli è ricoperto, in prevalenza da castagni. Almeno il 90 per cento di quegli alberi è stato aggredito dal cancro delle piante: un intervento di manutenzione salverebbe quel patrimonio «ma non c’è manutenzione - spiega il comandante provinciale della forestale, Stabile - perciò tutti gli alberi di quell’area sono destinati a morire». Detta così pare una cosa normale: «Invece è una notizia tremenda. Andiamo verso la regressione, nel giro di altri 25 anni, lassù ci saranno solo erbacce e rovi». L’allarme è stato lanciato anche con uno studio che Stabile ha realizzato assieme al professor Bernetti dell’istituto di Selvicultura dell’Università di Firenze. Non lo hanno nemmeno presentato al Comune: «A cosa servirebbe?». Se l’allarme per il cancro dei castagni è reale e tangibile (i segni del male erano su ogni albero, e sono stati centinaia, che abbiamo visto ieri mattina), c’è un altro allarme decisamente più grave, che serpeggia tra i dipendenti del parco: «Solo nell’ultimo anno due colleghi sono morti e uno è in fin di vita. Tutti aggrediti dal tumore, tutti in servizio in questo parco», il racconto arriva da uno dei custodi che allarga le braccia: «Sarà stato un caso? Io ci voglio credere, perché altrimenti dovrei scappare da qui. Però tutti dicono che la colpa è di quelle», e indica le antenne dei Camaldoli. Siccome non esistono studi ufficiali, sarebbe una follia lanciare l’allarme. Il fatto che nel gergo dei dipendenti il parco dei Camaldoli viene chiamato il «parco del tumore», però fa venire comunque i brividi. A prescindere dalla presunta nocività delle emissioni, colpisce il fatto che esattamente dentro al parco verde sono installate decine di antenne per le trasmissioni radiofoniche. Non si tratta di quelle che gravitano ai margini del parco: le antenne si trovano proprio tra i camminamenti, in mezzo agli alberi, davanti ai percorsi didattici. E proprio i percorsi didattici meritano un approfondimento. Presentato come grande opportunità per la città e per i ragazzi, quello che si trova in fondo al parco dei Camaldoli oggi è inavvicinabile. Non si può visitare perché è blindato con cancello e lucchetto. Si trova in fondo al viale della Rai che, proprio all’altezza della struttura di trasmissione della tv, è protetto da una sbarra di ferro comandata a distanza. Se in qualche modo si riesce a raggiungere l’area didattica, bisogna avere capacità atletiche per scavalcare il cancello, e poi avere a disposizione attrezzature da giardiniere. Al posto dei vialetti c’è una selva impenetrabile; le belle targhette gialle che segnalano la presenza di essenze e piante particolari, sono affogate tra i rovi e le erbacce, le scale che conducono alla terrazza con panorama mozzafiato sono state erose dalla pioggia e dall’incuria, per cui si finisce inevitabilmente col sedere per terra. Lassù non ci sono rottami d’auto né frigoriferi abbandonati, e nemmeno discariche abusive. Il silenzio è rotto solo dal canto degli uccellini. E dal costante, ininterrotto, sordo mormorio dei generatori delle antenne radiofoniche che si trovano giusto al centro dell’area.