Bertolaso: «Napoli è ordinariamente sporca»
Napoli? I rifiuti? «Ho trovato la città ordinariamente sporca», spiega alludendo ai recenti disservizi nella raccolta dei sacchetti della spazzatura: «Dico ordinariamente sporca perché sono convinto del fatto che qui non ci sia più bisogno di un commissariato, né siamo in una fase di emergenza. Basterebbe però proseguire nel solco delle scelte tracciate nella primavera del 2008, noi lì abbiamo indicato la linea». Tanti ricordi a Napoli e in Campania, per il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, che proprio qui ha conosciuto l’amarezza di indagini e accuse giudiziarie. Eppure, anche dopo essere stato coinvolto nelle vicende dei grandi appalti della Maddalena e dell’Aquila, Bertolaso ha un sussulto di orgoglio quando ripensa alla sua mission campana: «Nel 2007, ad Ariano Irpino, rischiai il linciaggio. Ci ho sempre messo la faccia, andavo lì sui posti, parlavo con la gente, anche con i più infuriati. Sono fatto così, se lo Stato mi manda a risolvere un’emergenza non resto chiuso in un ufficio a fare il burocrate, magari all’aria condizionata, dietro una scrivania. No, io vado sul territorio e faccio di tutto per togliere la spazzatura dalla strada. Non ho mai badato alla burocrazia, ho sempre cercato di risolvere problemi a caldo». Aula bunker Ticino uno, processo alla gestione commissariale dei rifiuti: a pochi passi da lui, i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, titolari delle più importanti inchieste sulla gestione dell’emergenza rifiuti in Campania, che nel 2008 erano intenzionati a chiedere l’arresto dello stesso Bertolaso, prima di ingaggiare un braccio di ferro con il proprio capo. Storie archiviate, che non hanno intaccato l’orgoglio del leader della protezione civile, oggi più che mai convinto di aver fatto al top il proprio dovere. «Già, Ariano Irpino - riprende approfittando di una pausa del processo -. Poi Macchia Soprana: ci andavo da solo, senza scudi, oggi ho la scorta ma non mi serve a niente se ripenso a quei giorni del 2007». Napoli croce e delizia, ma anche laboratorio anticrisi. Guai a trasformarla in esempio negativo: «Sono nato a Roma, ma sono il primo ad arrabbiarmi, quando sento ragionamenti del tipo ”Palermo rischia di diventare come Napoli”. Che discorsi sono? Bisogna impedire di assorbire l’intera storia cittadina in una congiuntura negativa. Guai a trasformare Napoli in una categoria da evitare, anche perché qui la crisi è stata superata, l’emergenza risolta e, al di là, di singole congiunture, ci sono tutti i presupposti per continuare su una strada costruttiva». Napoli, la crisi, le istituzioni cittadine. Anche in questo caso luci e ombre, almeno secondo quanto emerge dall’interrogatorio reso un anno e mezzo fa dallo stesso Bertolaso al procuratore Giovandomenico Lepore e al pm Maurizio De Marco (quest’ultimo erede del fascicolo «rompiballe», dopo la decisione di Sirleo e Noviello di non firmare lo stralcio della posizione di Bertolaso). Mesi di battaglie - spiegò agli inquirenti - sempre a tu per tu con territori difficili, in una stagione in cui «Bassolino e Iervolino si erano via via defilati, tanto che dialogavo solo con il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe e con la stessa Procura».