Scarichi e depuratori in penisola: il dossier in Procura
SANT’AGNELLO. Mare di colore verde e una vasta chiazza bianco-giallognola, schiumosa e maleodorante, con scaglie di sostanze marroni in sospensione. Visibilità sott’acqua pressoché nulla. È inquietante lo scenario presentatosi agli occhi degli attivisti del Wwf che, capitanati dal responsabile della sezione peninsulare Claudio d’Esposito, hanno percorso a bordo delle loro canoe il tratto di mare che va dalla spiaggia di Puolo, passando per il Capo di Sorrento e i bagni della Regina Giovanna, fino al Golfo del Pecoriello a Sant’Agnello. «Se, osservandolo dall’alto, lo spettacolo del mare poteva sembrare non dei migliori – dice Claudio d’Esposito - immergendoci la situazione è apparsa ancora più drammatica: le sostanze osservate, infatti, restano addensate e concentrate sotto costa per centinaia di metri e sono da identificarsi senza dubbio con reflui fognari». Oltre alla vasta chiazza di sostanze schiumose che si espande progressivamente trasportata dalla corrente, gli ambientalisti riferiscono anche di una crescita esponenziale delle cozze, organismi deputati al filtraggio delle acque marine, e di alcune specie ittiche che dall’inquinamento traggono positivi fattori di crescita, oltre ad un boom di alghe mucillaginose, che testimonierebbe l’eutrofizzazione provocata dall’eccesso di nutritivi, nitrati e fosfati contenuti nei detergenti e negli scarichi fognari. «Si tratta di un vero e proprio disastro ambientale che ha raggiunto picchi di evidenza non più negabili – continua d’Esposito – e che fa il paio con le continue segnalazioni di miasmi provenienti dalla Marina della Lobra di Massa Lubrense e dalla Marina Grande di Sorrento, dove la presenza dei depuratori rende l’aria irrespirabile». Di qui le continue segnalazioni degli ambientalisti alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata ed alle Capitanerie di Porto, alle quali si è aggiunta nelle ultime settimane un’altra iniziativa: il Wwf, infatti, sta commissionando ad esperti analisi chimiche delle acque marine, riservandosi di compararle con i dati ufficiali dell’Arpac. «Ci chiediamo perché – conclude Claudio d’Esposito - nonostante le numerose denunce, i Comuni non adottino le misure obbligatorie tempestive e adeguate previste dalla legge nel caso in cui vengano a conoscenza di situazioni che potrebbero avere un impatto negativo sulla qualità delle acque di balneazione o sulla salute dei bagnanti. Le condizioni in cui versa il nostro mare sono gravi ed impongono risposte certe e rapide da parte di tutte le autorità competenti».