Il senso di responsabilità e la lezione che non s’impara

Alla scelta della gestione pubblica occorre che corrisponda l'effoicienza degli enti locali
17 luglio 2010 - Generoso Picone
Fonte: Il Mattino

Magari questa volta non andrà come le altre. Questa volta potrebbe non succedere che all’allarme per le casse vuote corrisponda l’impegno delle buone volontà d’occasione e passata la tempesta tutto torni come prima. Cioé, che a breve l’Asa e IrpiniAmbiente ritornino a mostrare i conti in rosso, i mezzi degradati e l’assoluta impossibilità a far fronte alla raccolta dei rifiuti. Magari questa volta si comprenderà che non si può agire con eufemistica superficialità amministrativa di fronte a una questione così delicata e complessa come l’igiene urbana, per giunta in una stagione di caldo torrido e in una regione che soltanto l’altro ieri ha vissuto momenti catastrofici e dagli effetti - anche politici - devastanti. Perché in 19 centri della provincia di Avellino esiste ancora il rischio di vedere ridotto o addirittura bloccato il servizio dal momento che l’Asa non riceve da mesi i corrispettivi. «Indifferenza degli enti locali a garantire la salubrità dei propri ambienti», nelle parole fredde e significative del prefetto Ennio Blasco. Questa volta davvero potrebbe esserci uno scatto del senso di responsabilità, rispondendo all’ultimatum partito dal Palazzo del governo non per dovere istituzionale, ma per sopraggiunta consapevolezza del ruolo che si copre. Alla buon’ora e avrebbe avuto allora un senso adoperare ancora il vocabolario dell’emergenza, misurandosi con confronti e scenari comunque davvero prossimi alla realtà. Conviene sperare. Intanto sarebbe opportuno comprendere come su un terreno così delicato i passi falsi si pagano oggi e domani. E ricordare che quando la provincia di Avellino ha voluto compiere la scelta di affidare a una società pubblica la gestione del ciclo integrato dei rifiuti si è assunta un onere importante che non solo è andato in contrasto con le direttive comunitarie recepite dal decreto Ronchi ma ha pure creato una lacerazione probabilmente non ancora sanata con il mondo dell’impresa privata. Va dato atto di un impegno coraggioso: la creazione di IrpiniAmbiente, l’intento di recuperare in un ambito pubblico competenze specifiche, la volontà di chiudere la fase topica dell’emergenza con la minaccia dell’apertura di una maxidiscarica regionale sull’altopiano del Formicoso, l’obiettivo di razionalizzare un comparto dove il disordine non è soltanto una dissonanza aziendale ma rappresenta il terreno fertile per interferenze malavitose di ogni declinazione. Bene. L’amministrazione provinciale ha trovato largo consenso politico andando in questa direzione, immaginando di voltare pagina o quantomeno di andare a comporne una nuova. Senza penalizzare l’utenza, ridando decoro e dignità agli operatori e contestualmente rispettando l’ambiente: valga l’auspicio che si coglie nella nota congiunta di Cgil, Cisl e Uil. Però non si costruisce niente di tutto ciò sulle fatture inevase. Non si andrà da nessuna parte se ragionando di rifiuti - o di acqua - non ci si convincerà che il salto di qualità amministrativo è inevitabile, obbligatorio, senza alternative. Si badi: la questione non è di ingegneria istituzionale, è semplicemente di assicurare un livello minimo di efficienza nei servizi, nel rispetto delle esigenze elementari dei cittadini. Di amministrare, insomma.

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