Camorra e degrado, laghi flegrei sotto assedio

Averno, Fusaro, Miseno e Lucrino: trenta anni di devastazioni finanziate dall'holding dei clan
13 luglio 2010 - Gigi Di Fiore
Fonte: Il Mattino

Pozzuoli. Lo sgangherato tavolino di legno strabocca di cozze. In via Spiagge Romane è allestito un banco vendita con pochi fronzoli. «Compratele, vedete come sono grosse?». Mitili grassi. Tanto grassi da indurre naturale diffidenza: cosa avranno assorbito per crescere così? I carabinieri ne hanno da poco sequestrate 30 chili ad una ragazza ventitreenne, Procura di Napoli e Nas vigilano da tempo su allevamenti a rischio di salmonella nel lago di Lucrino. Nei fine settimana, le cozze fanno da cornice alle interminabili file di auto, che costeggiano il lago di Lucrino, o fanno il giro del Fusaro e dell'Averno. Sono i laghi flegrei, l'incredibile realtà di un'area cui non mancava nulla per diventare ricca di solo turismo. E invece è diventata il regno della confusione, dove un lago, come l'antico Averno, custode mitologico dell'antro della Sibilla, con il ristorante Aramacao, l'agriturismo Terra mia e la società Country club, era finito nelle mani di un uomo considerato un affiliato del clan casalese del killer stragista Giuseppe Setola. Quell'uomo, Enrico Cardillo, aveva acquistato per un miliardo e 200 milioni di lire il lago nel 1991 attraverso la sua società Country club. Investimento ideale per riciclare denaro sporco, sostiene la Dda di Napoli. Qui è stato ospitato il latitante Setola prima di eseguire la strage di Castelvolturno. È solo la punta di un iceberg di appetiti criminali sulla zona, scatenati da oltre una ventina d'anni. Due anni fa, il rinomato ristorante «La Ninfea» a Lucrino venne distrutto in poche ore. Resta il mistero su quell'incendio, mentre il locale è stato rilevato da una nuova società che lo aprirà tra breve. Un anno fa, invece, il frequentatissimo pub «Puerto Baia» venne danneggiato. Un segnale: il titolare è quel Ciro Caserta che otto anni fa denunciò il racket gestito da Rosario Pariante, detto «chiappariello». Un segnale proprio quando la Cassazione ha annullato la condanna del capoclan che fu alleato degli scissionisti nella guerra contro gli uomini del clan Di Lauro nel quartiere Scampia di Napoli. Pagò quei legami Enrico Mazzella, titolare del ristorante «da Enrico» di via Scalandrone a Pozzuoli, vicino a Pariante: i killer del gruppo di Paolo Di Lauro lo freddarono il 5 dicembre del 2004 nel suo locale. Scissionisti, clan Sarno, maranesi dei Polverino-Nuvoletta concentrati sul territorio tra Cuma e Licola: più gruppi della camorra estendono i loro tentacoli sull'area flegrea. Alla Dda di Napoli, negli ultimi tempi si sono moltiplicate le segnalazioni anonime di investimenti «sospetti». Sotto tiro è soprattutto via Napoli a Pozzuoli, il lungomare che brulica di ristoranti, bar e pub. Ma anche attorno ai laghi, zone più nascoste, in passato sono transitati soldi dalla provenienza poco chiara. Appena due settimane fa, un grosso blitz contro più di 80 persone ha decapitato i clan Beneduce-Longobardi, per anni egemoni nell'area flegrea e determinanti nell'allargamento a suon di milioni di euro per i gruppi camorristici napoletani dei Sarno e degli scissionisti. Tra i coinvolti nel blitz, ci fu anche Sergio Covone già gestore del «Plinius», disco pub sul lago d'Averno che un depliant diceva «frequentato da esperti ballerini». Il grande business in arrivo sono però gli investimenti del «waterfront flegreo», un insieme di progetti per riqualificare l'area dei cantieri dismessi di Sofer e Pirelli. Nautica da diporto, ristorantini, ristrutturazioni del lungomare: insomma soldi e cantieri in arrivo. E i clan in attesa, soprattutto dopo i vuoti lasciati dagli arresti nei gruppi Beneduce-Longobardi. La Dda è già in allerta. Anche su possibili connivenze, se nel blitz di giugno fu coinvolto un insospettabile assicuratore e politico locale, con un imprenditore assai noto in zona. L'area flegrea, ma qui restano i quattro laghi la vera metafora di una zona dove la tradizione è stata cancellata dal degrado. Contraddizioni. Anche il lago di Lucrino, come era quello d'Averno, è gestito da una società privata, la Elgea, che lo acquistò per 845mila euro. E anche qui, come per l'Averno, il Fusaro e il Miseno, l'incuria si vede. Con scarichi assassini e abusivismo. I laghi sono in coma. Ma, nonostante un progetto con fondi europei presentato dalla Regione, sembra che pochi se ne preoccupino.

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