"L'amianto dalla fabbrica a casa, ora siamo soli"
Tocca ad Asl e Arpac relazionare oggi in sede di Commissione speciale di vigilanza sul caso dell’ex Isochimica di Pianodardine. In agenda, per l’organismo comunale guidato da Gerardo Bilotta, l’illustrazione di uno studio condotto dall’azienda sanitaria sullo stato di salute della Valle del Sabato. Un’audizione importante per offrire alla commissione ulteriori elementi di un monitoraggio che non può limitarsi al solo stabilimento dove si lavorava l’amianto. Tuttavia, è proprio un altro stato di salute a preoccupare ancora quanti, avendo lavorato a diretto contatto con il materiale o vivendo in prossimità della struttura in cui venivano scoibentate le carrozze ferroviarie, non ritengono di aver avuto dalle istituzioni le giuste risposte. Così la pensa un ex operaio dell’ex Isochimica, Nicola Abbrate. «È strano - rileva - come ad Avellino la questione dell’amianto venga trattata essenzialmente con noncuranza dalle Istituzioni, dove vicende simili alla nostra hanno suscitato un interesse ammirevole, come nel caso della Cemamit di Ferentino. Lì, il sindaco in prima persona si è battuto per un percorso sanitario corretto. Per noi è diverso. - commenta - Ogni volta che abbiamo manifestato il problema ci siamo ritrovati da soli, anche negli ultimi tempi. E devo ammettere che anche i sindacati hanno fatto poco, ci hanno solo accompagnato nella fase della cassa integrazione e della mobilità, poi più nulla se non la disponibilità del segretario della Cgil, Antonio Petruzziello». Abbrate è convinto che lavoratori e residenti stiano ancora pagando un ritardo incomprensibile e che le stesse visite mediche attualmente in corso siano il risultato «della nostra battaglia, altrimenti - dice - non sarebbero partite neanche quelle, nonostante l’esposto presentato alla Regione e le manifestazioni in Provincia». Ad ogni modo, la sorveglianza sanitaria attivata finora, attraverso controlli medici iniziati nel marzo scorso per un primo monitoraggio con l’esame della Tac, non sarebbe ancora sufficiente per Abbrate, il quale auspica appunto l’estensione degli accertamenti sanitari anche ai residenti. «Per noi - afferma - è importante anche questo, sono stati trascurati per anni e meriterebbero maggiore rispetto». Un rispetto che ai lavoratori dell’ex Isochimica è mancato, mentre si alimentava per altro quello che Abbrate definisce un equivoco, relativo ai compensi degli operai, evidentemente ancora difficile da sfatare, se anche il presidente della commissione speciale vi ha fatto cenno qualche giorno fa. «Si dice sempre che gli operai prendevano fior di quattrini, ma non è vero. - precisa seccamente - Nessuno stipendio d’oro, ma solo quello previsto dal contratto dei metalmeccanici». Piuttosto la verità, amara e incontrovertibile, è quella delle condizioni di lavoro di oltre 300 persone, incluse quelle che si occupavano delle pulizie nello stabilimento, che quotidianamente maneggiavano la più pericolosa variante di amianto (la crocidolite, che costituiva in massima parte la polvere di asbesto coibentata dalle carrozze ferroviarie), inconsapevoli del rischio di ammalarsi e privi di protezione. «All’inizio - racconta Abbrate - avevamo solo mascherine di carta e tutine di tessuto non tessuto che trattenevano l’amianto invece di farlo scorrere via. Perciò chi andava a lavorare già in tuta lo portava in auto e poi fino a casa. In un secondo momento, si usava qualche mascherina a filtro, ma anche in questo caso i filtri non erano adatti, e solo nell’ultimo periodo portavamo tute impermeabili con mascherine a viso completo».