Impianti vecchi e inefficienti, caos sulla gestione
Si chiama Regi Lagni il peccato originale della costa casertana. L’alveo artificiale fu realizzato in epoca borbonica per favorire la canalizzazione delle acque piovane. Nel corso degli anni, poi, è stato utilizzato sempre più spesso come canale fognario. Oggi raccoglie i reflui (per lo più in maniera non depurata) di quasi tre milioni d’abitanti delle provincie di Avellino, Benevento e di Caserta, e scarica tutta la sua portata sulla spiaggia di Castelvolturno. Nei primi anni ’70 le istituzioni pensarono di realizzare sul percorso cinque impianti di depurazione. Di fatto, però, i depuratori non sono mai stati completati del tutto e la loro è stata sempre «una cattiva gestione». L’ultimo capitolo della loro poco edificante storia porta la firma della Procura di Santa Maria Capua Vetere, che lo scorso febbraio ha sequestrato i tre impianti presenti nella provincia casertana e ha invitato le procure napoletane a fare la stessa cosa per gli altri due. L’accusa dei magistrati casertani è eloquente: disastro ambientale. Per truffa, turbativa d’asta, estorsione e associazione a delinquere di stampo mafioso, invece, negli anni ’90 fu istruito sempre dalla Procura di Santa Maria il processo denominato, appunto, «Regi Lagni» e per il quale sono state condannate circa sessanta persone. L’inchiesta riguardava la cementificazione dell’alveo. L’appalto fu affidato negli anni ’80 per sessanta miliardi delle vecchie lire. A conclusione lavori, che secondo l’accusa furono eseguiti con la regia del clan dei casalesi e dei politici locali, il costo passò a quasi cinquecento miliardi. La scorsa settimana alla foce dei Regi Lagni sono iniziati i lavori per installare una griglia. L’impianto non servirà a migliorare la situazione, così come la realizzazione delle condotte sottomarine senza una ristrutturazione dei depuratori non potrà certo far guadagnare la bandiera blu alle coste casertane. Ma da qualche parte bisogna pur iniziare. Questo dopo il blitz della magistratura che il 15 aprile scorso ha disposto la misura interdittiva dagli uffici direttivi per Gaetano De Bari, amministratore delegato della «Hydrogest Campania», Domenico Giustino, presidente del cda della stessa società, Luigi Piscopo, capo impianto del depuratore di Orta di Atella e Mauro Pasquariello, capo impianto del depuratore di Foce Regi Lagni. Secondo i magistrati quei depuratori non facevano altro che inquinare il già lurido mare campano.