Depuratori senza soldi, la società getta la spugna

Annuncio dell'hydrogest: pronti a rescindere il contratto. A Napoli est commissario verso le dimissioni
25 giugno 2010 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

Depuratori punto e a capo. Non sono solo le inchieste della magistratura a incombere su un sistema che non è mai andato a regime, ma anche i debiti accumulati e la mancanza di soldi. La situazione è critica nel casertano, ma anche a Napoli dove non ci sono fondi per rimettere a punto l’impianto di Napoli est. La Hydrogest, la società che gestisce i depuratori della Foce Regi Lagni, Orta di Atella, Succivo, Marcianise, Acerra e Cuma e i cui vertici sono sotto accusa, potrebbe rimettere il contratto stretto con la Regione: vanta infatti un credito di cento milioni. I dirigenti sono pronti a prendere carta e penna per scrivere all’assessore all'ambiente Giovanni Romano. Un’intenzione già comunicata ai sindacati, come racconta il rappresentante della Fiom Cgil Angelo Spena. L’impresa corre però un grave rischio: il contratto prevede infatti in caso di rescissione una penale di circa 300 milioni. Gli impianti casertani, tra l’altro, sono attualmente sotto sequestro e gestiti da un commissario nominato dalla procura di Santa Maria Capua Vetere. A Napoli non va meglio: il commissario liquidatore per le bonifiche, Mario De Biase, potrebbe restituire alla Regione l’impianto di Napoli est, quello che sorge proprio nell’area del futuro termovalorizzatore. Mancano, infatti, i soldi per concludere la procedura di gara e metterlo a norma. I depuratori napoletani sono in realtà due: quello di San Giovanni che deve essere dismesso e che è gestito dal consorzio depurazioni e liquami che fa capo al comune di Napoli, e quello di Napoli est gestito da Termomeccanica, la stessa impresa che con il gruppo Giustino forma Hydrogest. Finora il depuratore ha sempre funzionato grazie a deroghe concesse dai sindaci. Anche questo impianto dovrebbe, però, essere rimesso a posto: la quota pubblica ammonta a circa trenta milioni ma i fondi mancano e si potrebbe decidere di revocare la gara. Di fatto tutti gli impianti, tra Caserta e Napoli, non hanno mai funzionato a norma. Quelli che fanno capo alla Hydrogest furono completati a metà degli anni ‘80 con i fondi della defunta Cassa per il Mezzogiorno e la loro gestione fu affidata agli stessi costruttori (tra gli altri anche la General Construction dei fratelli Gallo che hanno poi realizzato anche la centrale termoelettrica di Sparanise e sono entrati in lizza per quella di Salerno insieme agli svizzeri di Rezia) in attesa di una gara che avrebbe dovuto assegnarli. Gara che il commissariato alle bonifiche ha fatto nel 2002 con la formula del project financing e che fu vinta dalla Hydrogest Campania. Ma la seconda classificata, la Enel Hydro, presentò ricorso al Tar e così tra una sentenza e l’altra il contratto fu stipulato solo nel 2006. La società avrebbe dovuto guadagnare incassando una percentuale dalle bollette dell’acqua riscosse dai Comuni e girate alla Regione. Ma, anche per la massiccia evasione da parte degli utenti, i soldi sono arrivati solo con il contagocce. Tanto che nel 2009 la Regione stipulò un nuovo accordo per risolvere i problemi economici, ma l’atto non è mai stato perfezionato. Questo fino al blitz dei magistrati della procura di Santa Maria Capua Vetere, che il 15 aprile hanno disposto la misura interdittiva dagli uffici direttivi per Gaetano De Bari, amministratore delegato della «Hydrogest Campania», Domenico Giustino, presidente del cda della stessa società, Luigi Piscopo, capo impianto del depuratore di Orta di Atella e Mauro Pasquariello, capo impianto del depuratore di Foce Regi Lagni. Secondo i magistrati quei depuratori non facevano altro che inquinare il già lurido mare campano.

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