Guerra anti-discariche, incendiato un camion
Terzigno. Una quindicina di camion in fila, parcheggiati col motore spento sul lato di via Nespole della Monica, la strada sterrata che conduce alla discarica del Parco Vesuvio, in attesa che arrivi il loro turno per scaricare. A poca distanza gli autisti, che ammazzano il tempo fumando e parlando del Mondiale di calcio. L'invaso è a trecento metri e la scena è quella consueta di tutte le notti, da quando l'impianto di località Pozzelle, ex Sari, è aperto. Ieri, poco dopo la mezzanotte, l'imprevisto, l'episodio che induce gli investigatori a pensare che la protesta contro la discarica, finora civile, possa ora assumere connotati inquietanti e violenti: qualcuno sparge della benzina sull'ultimo automezzo in fila e incendia tutta la parte bassa del veicolo, distruggendo tre pneumatici. Ad accorgersi dell'attentato sono proprio gli autisti, che da lontano vedono le fiamme e corrono a spegnerle con gli estintori. Ci mettono pochi minuti a rimettere le cose a posto: quando arriveranno i vigili del fuoco e i poliziotti del commissariato di San Giuseppe Vesuviano il rogo è già stato domato. Le tre ruote vengono sostituite e il camion riesce a sversare la spazzatura nel sito, così come tutti gli altri automezzi. Il servizio, insomma, non viene interrotto e, a parte la comprensibile paura, nessuno riporta danni o ferite. Restano le indagini, ovviamente. Il camion preso di mira non è un compattatore, ma un veicolo telonato proveniente dall'impianto Stir di Tufino (ex Cdr). Conteneva rifiuti «tritovagliati», cioè già trattati, e non immondizia indifferenziata: la ditta proprietaria del mezzo, dunque, non stava sversando per conto di un Comune ma per l'ex gestione commissariale, oggi denominata «Ufficio stralcio», in attesa che la Provincia assuma la piena competenza sui rifiuti. È un particolare, questo, che induce gli investigatori ad escludere la pista del racket e a preferire quella della bravata di alcuni facinorosi, che avrebbero scelto di fare un gesto eclatante per manifestare il loro dissenso rispetto alla discarica. In particolare, potrebbero aver scelto l'ultimo camion sia perché in questo modo sarebbe stato più difficile essere visti, sia perché far bruciare un telo è molto più semplice che incendiare un compattatore quasi tutto d'acciaio. Vicino al camion non sono stati trovati pezzi di bottiglia, ma in un fondo agricolo a poca distanza dal posto gli stessi poliziotti hanno rinvenuto due taniche per la benzina, prontamente inviate alla Scientifica per i rilievi del caso e la verifica di eventuali impronte digitali. Gli agenti diretti dal primo dirigente Maria Rosaria Napolitano, comunque, non escludono alcuna ipotesi: da anni seguono con attenzione la protesta dei comitati e sono riusciti a stabilire con la maggior parte dei manifestanti un buon rapporto. Finora non si erano mai verificati incidenti, né la protesta era degenerata oltre il lecito. Ma venerdì scorso, nel corso di una manifestazione in via Panoramica, i poliziotti in tenuta antisommossa della Questura di Napoli dovettero fare alcune cariche per liberare la strada. Risultato: trenta minuti di tensione, tre fermati e sei feriti. Ieri notte, invece, il raid incendiario: due fatti che inducono le forze dell'ordine ad alzare la guardia e, allo stesso tempo, preoccupano gli stessi rappresentanti dei comitati, che ci tengono a sottolineare la loro estraneità ad ogni episodio di violenza. Su Facebook, nelle pagine dedicate ai movimenti, c'è già chi parla di «combustione di Stato»: «Vogliono far cadere la responsabilità del futuro disastro del nostro territorio sui cittadini e sui movimenti».